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I milioni prestati alle aziende finte. La società “disabitata“ da due anni e l’ex finanziere già a processo #finsubito prestito immediato


Una società con 4 dipendenti fino al 2018, che nel 2020 aveva ottenuto un finanziamento bancario garantito dallo Stato di 25mila euro e non l’aveva più restituito, nella cui sede in via Biancamano a Monza da 2 anni la portinaia “non vede arrivare nessuno”. Sono partite così le indagini della Procura di Monza sulle presunte truffe transnazionali che hanno portato la Guardia di Finanza di Como a eseguire 19 ordinanze di custodia cautelare. Gli interrogatori di garanzia sono in corso. Il gip del Tribunale di Monza, Marco Formentin, sta sentendo i 7 indagati in carcere: il broker bresciano, agente della parte lesa Banca Progetto, Marco Savio, indagato agli arresti domiciliari anche a Brescia, che ha negato ogni addebito, riservandosi di farsi sentire dal pm Michele Trianni per entrare nel merito delle accuse; il lecchese Ernesto Maria Cipolla, ritenuto a capo dell’associazione a delinquere che ha portato al sequestro di 6 milioni e 700 mila euro; il presunto sodale di Cipolla, il milanese Simone Iacone; il commercialista lecchese Michele Migliore e il collega milanese Paolo Attilio Remo Cotini e i presunti riciclatori, il varesino Maurizio Ponzoni e il monzese Massimiliano Musa. Poi sarà la volta dei 7 indagati ai domiciliari e dei 5 con obbligo di firma. Sono 28 complessivamente gli indagati a vario titolo per truffa, bancarotta, riciclaggio, autoriciclaggio e false comunicazioni sulle società. Quelli brianzoli sono cinque. Massimiliano Musa è accusato in qualità di amministratore di fatto di una società con sede a Praga e di un’altra amministrata da un altro indagato a piede libero, Luciano S., calabrese di Melito Porto Salvo residente a Cesano Maderno, di avere ricevuto denaro “per emettere fatture per operazioni inesistenti intestate alle società beneficiarie delle truffe”.

Nelle carte spicca il nome dell’ex finanziere di Monza in congedo Alessandro De Domenico, residente a Bernareggio, già sotto processo, in fase conclusiva, al Tribunale di Monza per corruzione con alcuni cinesi per avvisarli dei controlli e per il presunto business dei permessi di soggiorno ad egiziani, per cui nel 2019 era stato arrestato insieme a un poliziotto in servizio a Milano. Ora per lui il gip monzese ha disposto gli arresti domiciliari sostenendo che lavorava “a stretto contatto con Cipolla e Iacone, fornisce indicazioni su come formare le false fatture, predispone le relazioni di presentazione delle società per le richieste di finanziamento, oltre a contribuire al successivo riciclaggio dei profitti fraudolentemente ottenuti, con l’individuazione di appositi canali esteri”.

A De Domenico è contestata l’associazione per delinquere insieme a un altro brianzolo, Omar Di Blasi, residente a Briosco, anche lui ai domiciliari per avere fatto da “corriere“ per la consegna dei contanti a un complice delle false fatture. Risulta invece tra quelli ad avere l’obbligo di firma il monzese Raffaele A., ritenuto dagli inquirenti una ‘testa di legno’ come intestatario nel 2017 di una società di Bologna specializzata in ingrosso di aerosol, igienizzanti, sanificanti e detergenti, grazie alla quale gli indagati, dopo ripetuti aumenti di capitale fittizi fino a 800mila euro e falsi bilanci che indicavano valori della produzione per oltre 9 milioni e mezzo di euro e un attivo di quasi 2 milioni e mezzo, sarebbero riusciti nel 2023 a farsi erogare quasi 3 milioni e mezzo di euro per un investimento in una simulata azienda di forniture di fatto amministrata da Maurizio Ponzoni per l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature. Truffando, secondo l’accusa, Banca Progetto e anche Medio Credito Centrale, che aveva concesso la garanzia pubblica sull’80% della somma.



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