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Agenzia delle Entrate. Il Fisco “trasforma” un professionista in artigiano e moltiplica le pretese fiscali e contributive #finsubito prestito immediato


Per l’ufficio delle Entrate, il contribuente che esercita la professione di Animatore deve pagare i contributi Inps alla gestione artigianale.

Francofonte, 3 novembre 2024. Gli errori dei contribuenti sono puniti dal Fisco, con richiesta di imposte, sanzioni e interessi. Quando sbaglia l’ufficio, però, non succede nulla, fatta eccezione in un “ravvedimento” dello stesso ufficio che, quantomeno, corregge i suoi errori. Ed è quello che spera un contribuente, esercente la professione di animatore, al quale l’ufficio delle Entrate, il 14 ottobre 2024, ha notificato degli schemi di atto, cioè delle bozze di accertamento, per gli anni dal 2017 al 2020, commettendo evidenti errori con richiesta di imposte, contributi, sanzioni e interessi per oltre 200mila euro per le quattro annualità controllate. Gli schemi di atto rappresentano una delle recenti novità fiscali in tema di accertamento da parte degli uffici dell’agenzia delle Entrate.
Dal 18 gennaio 2024, sono infatti in vigore le norme del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n.219, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2024. Questo decreto ha apportato “modifiche allo statuto dei diritti del contribuente”, cioè alla legge 27 luglio 2000, n.212. Una delle novità più rilevanti è recata dal nuovo articolo 6 – bis “principio del contraddittorio”. Con questa norma, il legislatore detta le regole per un contraddittorio obbligatorio, informato ed effettivo, tra Fisco e contribuenti, prima di emettere un atto di accertamento. Per consentire il contradditorio, l’ufficio deve comunicare al contribuente uno “schema di atto”, assegnando un termine non inferiore a 60 giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni o, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo (articolo 6 – bis, “principio del contraddittorio”, comma 3, primo periodo). In particolare, lo schema di atto deve indicare:

  1. il periodo o i periodi d’imposta oggetto di contraddittorio;
  2. le maggiori imposte, sanzioni e interessi dovuti;
  3. i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori imposte;
  4. il termine, non inferiore a 60 giorni, per la presentazione di eventuali controdeduzioni;
  5. l’eventuale giorno e luogo della comparizione per accedere ed estrarre, se chiesto dal contribuente stesso, copia degli atti del fascicolo.

L’atto di accertamento può essere emesso solo dopo la scadenza del termine fissato per il contraddittorio.

I tempi per notificare l’atto conclusivo. Se la scadenza del termine per il contraddittorio è successiva a quella di decadenza dell’atto conclusivo, o se fra la scadenza del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di 120 giorni, quest’ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del contraddittorio (articolo 6 – bis, comma 3, terzo periodo).

Quando scatta la proroga di 120 giorni. I presupposti per fare scattare la proroga di 120 giorni per l’atto definitivo, sono la notifica dello schema dell’atto e la circostanza che:

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  • la data ultima per presentare le controdeduzioni scade in data successiva a quella in cui è fissato il termine di decadenza per la notifica dell’atto impositivo. Ad esempio, notifica dello schema dell’atto, in data 10 novembre, con concessione del termine di 60 giorni. I 60 giorni scadono il 9 gennaio, cioè dopo il termine di decadenza del 31 dicembre per l’accertamento; a questo punto, si calcolano i 120 giorni in più a partire dal 9 gennaio, che scadono il 9 maggio dell’anno successivo;
  • oppure tra la data ultima per la produzione delle controdeduzioni e il (successivo) termine di decadenza per la notifica dell’atto intercorrano meno di 120 giorni.

Ai fini della proroga dei 120 giorni, per l’accertamento con termine di decadenza fissato al 31 dicembre 2024, i 60 giorni per il contraddittorio devono scadere in un periodo compreso tra il 4 settembre ed il 31 dicembre (in totale 119 giorni dal 4 settembre, cioè meno di 120 giorni). Ad esempio, se i 60 giorni concessi per il contraddittorio scadono il 31 ottobre 2024, il termine ultimo di notifica dell’atto del Fisco è il 28 febbraio 2025 (centoventesimo giorno successivo al 31 ottobre 2024). La proroga opera anche se le osservazioni scadono dopo il 31 dicembre 2024; così, nel caso in cui il termine di 60 giorni scade il 20 gennaio 2025, il termine ultimo di notifica dell’atto del Fisco sarà il 20 maggio 2025 (centoventesimo giorno successivo al 20 gennaio 2025, cioè alla scadenza del contraddittorio). La proroga dei 120 giorni non scatta invece nel caso di schemi d’atto, cioè delle bozze di accertamento con termine di decadenza al 31 dicembre 2024, il cui termine per il contraddittorio è scaduto il 3 settembre 2024 o prima.

La “motivazione rafforzata”. L’atto dell’ufficio, successivo al contraddittorio, tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’ufficio ritiene di non accogliere (articolo 6 – bis, comma 4). La norma introduce l’obbligo di “motivazione rafforzata”. L’esito del contraddittorio costituisce, pertanto, una parte della motivazione, non essendo sufficiente il “dare atto” di quanto osservato dal contribuente nelle controdeduzioni, poiché dovranno essere argomentate le ragioni del mancato accoglimento.

Gli schemi di atto notificati al professionista. Come si è detto, l’ufficio delle Entrate, il 14 ottobre 2024, ha notificato degli schemi di atto per gli anni dal 2017 al 2020, ad un animatore professionista, con richiesta di imposte, contributi, sanzioni e interessi per oltre 200mila euro nelle quattro annualità controllate. Il contribuente, per diversi problemi familiari, già dall’anno 2015, aveva esercitato l’attività in modo occasionale, partecipando come animatore professionista in circa 30/40 eventi all’anno, con un compenso fisso di 200 euro per ogni evento. Considerata l’occasionalità dell’attività professionale svolta, e i problemi familiari accaduti, il contribuente purtroppo, non si è curato di presentare le dichiarazioni annuali dei redditi, per gli anni dal 2017 al 2020.

Lo schema d’atto per il 2017 e le osservazioni del contribuente. L’ufficio delle Entrate, rilevata l’omissione delle dichiarazioni, con lo schema d’atto relativo all’anno 2017, notificato il 14 ottobre 2024, accertando presunti versamenti per 22.374,00 euro e prelevamenti per 29.050,00 euro, per un totale reddito d’impresa non dichiarato di 51.424,00 euro, chiede imposte, contributi Inps, sanzioni per complessivi 71.059,60 euro, più interessi. Come si è detto, in aggiunta allo schema d’atto per il 2017, l’ufficio, lo stesso 14 ottobre 2024, ha emesso altri schemi d’atto per gli anni 2018, 2019 e 2020, con richiesta di circa 200mila euro in totale. Per ogni schema d’atto, il contribuente presenterà osservazioni e controdeduzioni entro il 13 dicembre 2024, cioè entro 60 giorni dal 14 ottobre 2024. Nelle osservazioni relative al 2017, il contribuente segnala che l’ufficio ha commesso tanti errori che l’hanno portato alle assurde e inverosimili richieste, da fare sembrare gli “schemi d’atto” degli “atti di terrorismo fiscale”, con l’ufficio alla ricerca di evasioni inesistenti.

Per i professionisti, i prelevamenti non sono compensi. Il primo errore dell’ufficio sta nel fatto che considera il contribuente, come imprenditore esercente un’attività artigianale e, pertanto, soggetto alla contribuzione previdenziale Inps come artigiano. In verità, l’attività esercitata è quella professionale di “animatore”, codice attività 93.29.90 “altre attività di intrattenimento e di divertimento non classificate altrove”. L’attività esercitata prevede l’iscrizione alla gestione separata Inps, come libero professionista. Peraltro, come già segnalato allo stesso ufficio, in data 23 settembre 2024, a causa delle drammatiche situazioni familiari che ha dovuto affrontare, il contribuente, negli anni dal 2015 ad oggi, ha svolto in modo occasionale l’attività di intrattenimento e di divertimento. In ogni caso, è sbagliato avere attribuito la qualifica di artigiano e non quella di professionista; l’errore dell’ufficio ha comportato anche di avere considerato i prelevamenti come ricavi, quando, invece, per i professionisti, è esclusa tale presunzione. Al riguardo, si veda la “storica” sentenza della Corte costituzionale 228/2014, depositata il 6 ottobre 2014; con questa sentenza, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale sulla presunzione che i prelevamenti dei professionisti siano posti come <<compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti (e sono quindi assoggettabili a tassazione), se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreché non risultino dalle scritture contabili>>. Per la Corte costituzionale, la presunzione che i prelevamenti dei professionisti siano considerati compensi <<è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito>>. Considerato che i prelevamenti dell’anno 2017 di 29.050,00 euro, devono essere esclusi in quanto non sono compensi, per il contribuente resterebbero da giustificare solo i versamenti di complessivi 22.374,00 euro.

Compensi presunti del 2017 non superiori a 30mila euro e attività professionale soggetta alla gestione separata Inps

Tenuto conto che i prelevamenti per i professionisti non sono compensi, i presunti versamenti indicati nello schema d’atto relativo al 2017, per l’importo di 22.374,00 euro, non superano il limite di 30mila euro per l’applicazione del regime forfettario nell’anno 2017 e negli anni successivi. L’importo di 22.374,00 euro dovrà essere comunque ridotto a seguito delle giustificazioni che riuscirà a dare il contribuente. Resta fermo che anche l’importo presunto accertabile, di 22.374,00 euro, permette di mantenere il regime forfettario per l’anno 2017. Di conseguenza, anche per il 2018 e per gli anni successivi, con importi accertabili non superiori ai limiti previsti, il contribuente è soggetto al regime forfettario, mentre la contribuzione previdenziale, quale animatore professionista, deve essere determinata come professionista iscritto alla gestione separata. A questo punto, gli atti adottati dall’ufficio all’esito del contraddittorio, tenendo conto delle osservazioni del contribuente, che, come si è detto, saranno presentate per ogni annualità entro il 13 dicembre 2024, dovranno essere motivati con riferimento a quelle che l’ufficio ritiene di non accogliere.
Resta naturalmente fermo che i prelevamenti per i professionisti non sono compensi e che l’attività esercitata dal contribuente non è quella artigianale, ma quella professionale di “animatore”, codice attività 93.29.90 “altre attività di intrattenimento e di divertimento non classificate altrove” e, pertanto, soggetta a contribuzione previdenziale quale professionista iscritto alla gestione separata. Su questi ultimi aspetti, è ragionevole aspettarsi un “ravvedimento” da parte dell’ufficio, per rimediare ai palesi errori contenuti negli schemi d’atto.

Mimma Cocciufa e Tonino Morina. Esperti fiscali del Sole 24 – Ore

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