Il lunedì è sempre un giorno difficile. Ma ultimamente molte persone (leggi: io) lo percepiscono meno gravoso grazie a una piccola perla che viene dalla tv, passando dal web. Questa piccola perla – anche se forse sarebbe meglio dire: un filo di perle – è la signora Coriandoli. La matrona romagnola, tutta agghindata con abiti svolazzanti, capelli cotonati, trucco approssimativo e tiara d’ordinanza, compare infatti tutte le domeniche sere all’interno di Che tempo che fa di Fabio Fazio. La signora, spirito sagace ed eloquio rapido, interviene in vari punti della trasmissione ma a un certo punto regala sempre un piccolo monologo fulminante che, trasformato in formato clip a uso e consumo dei social, viene replicata sul nostro (leggi: mio) TikTok o Instagram il lunedì mattina. Ed è sempre una rivelazione di umorismo e leggerezza, un due-tre minuti di assoluta sospensione dalla realtà, una coccola che sa di divertimento e nostalgia, anche se l’argomento preferito della Coriandoli è uno e uno solo, tutt’altro che leggero: i morti.
Lo storytelling coriandolesco, infatti, si basa su una manciata di tropi sempre uguali a loro stessi, ma non per questo meno fenomenali: tutto parte di una serie di amiche parecchio variegate (sono la Elsa, la Elide, la Giusi, la Luisella, la Moira…) che hanno immancabilmente un marito (il Wolmer, il Walders, il Paride, l’Oscar, l’Ermes, l’Adelmo…) che sono al contempo sempre “un pezzo d’uomo” ma anche “un po’ noioso“. Questi baldi maschi romagnoli rimangono puntualmente coinvolti in vicende rocambolesche che hanno come scenario la trasognante Bagnacavallo (talvolta una più esotica Bologna Mare), in una Romagna che sembra uscita dal realismo più magico; vicende, queste, che si concludono in tragedia, più o meno volontariamente causata dalle ignare mogli, e che dunque fanno sì che questi uomini finiscano per “tornare alla natura” o “alla terra”. Uomini incornati da tori, travolti da ciminiere, schiantati su delle linee nei torrenti, squarciati durante ricostruzioni storiche, ma in fondo sempre andati incontro a una morte gloriosa, a una liberazione (soprattutto per le mogli, appunto). Con la signora Coriandoli che si congeda sempre serafica: “Tutto è bene quel che finisce bene”.
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