Bella o brutta che la si voglia considerare, Andrea Chénier è un’opera d’impatto, grazie all’azione serrata che fluisce in un modo quasi cinematografico in cui anche le arie diventano dei grandi monologhi che sembrano preludere a certe scene del grande schermo. In ciò Umberto Giordano era sicuramente un campione, come si evince in tutti i suoi lavori da Mala vita a Siberia, e nell’enorme affresco storico di Chénier raggiunge l’apice della sua creatività.
Un altro grande elemento di attrattiva di quest’opera è ovviamente la Rivoluzione Francese, che non è mero sfondo delle vicende dei personaggi ma condiziona fortemente le loro azioni, diventando essa stessa protagonista. Per questo motivo è praticamente impossibile slegare la vicenda di Andrea Chénier dal suo contesto, che va abbracciato in tutti i suoi tratti, anche esagerati, da romanzo storico. Anche la nuova produzione del Teatro Verdi di Pisa, che approderà poi nei teatri del circuito lombardo, a Rovigo e a Lucca, si inserisce nel solco della tradizione grazie a uno spettacolo di bella fattura firmato da Andrea Cigni, che si ispira alla pittura del Settecento e Ottocento francesi,
La prima parte è ambientata nel giardino dei Coigny e si ispira alle vaporose atmosfere di Watteau e Fragonard (c’è pure l’altalena), mentre nei due atti successivi vengono rimarcati sempre più i contrasti come se si passasse ai quadri di David e Géricault; la scena finale del carcere risulta invece quasi metafisica, con solo una grata a rischiarare il palcoscenico buio: il regista, nelle note di sala, afferma che si tratta di una prigione simbolica, ma si ha la sensazione che questo simbolismo, per quanto giustificato, rischi di risultare incoerente col realismo visto fino a quel momento. Le curatissime scene di Dario Gessati, fortemente valorizzate dalle luci di Fiammetta Baldiserri e Oscar Frosio, sono ovviamente fondamentali per creare questa cangiante atmosfera pittorica, ma lo spettacolo per fortuna non si esaurisce in questa componente. Bisogna infatti riconoscere a Cigni di non aver puntato solo sugli accessori, ma di essersi sporcato le mani con la direzione attoriale. Estremamente curata appare infatti la gestione delle masse, e anche se gli interpreti si abbandonano talvolta a qualche posa operistica più tradizionale, ognuno secondo la propria sensibilità, mettono comunque in campo una recitazione credibile e disinvolta, che rende chiari i rapporti tra i personaggi. Tutto insomma si incastra in uno spettacolo funzionale che asseconda in modo fluido musica e libretto.
Sul fronte musicale troviamo Francesco Pasqualetti che dirige la Filarmonia Veneta. La sua è una direzione sicuramente studiata ma un po’ vecchio stile, tanto che emergono più gli effetti sensazionalistici che le preziosità della partitura. I tempi poi sono incalzanti ma mai rapinosi, e soprattutto nei primi due quadri si nota una povertà di dinamiche che portano spesso gli interpreti a forzare vocalmente. Meglio vanno le cose nel terzo e quarto quadro, sia a livello di dinamiche che di dialogo col palcoscenico, ma Chénier è un’opera che non fa sconti al podio: si porta a casa la serata ma è difficile dare vera giustizia alla ricchezza della partitura.
Il cast appare piuttosto variegato. Angelo Villari veste i panni del protagonista con la sua solita baldanza vocale e il suo potente declamato. Lo strumento è infatti imponente, specialmente in una sala come quella pisana, dove gli acuti risuonano come vere bombe. Pur realizzando una prova di tutto rispetto, Villari possiede delle caratteristiche che lo rendono uno Chénier più eroico che lirico: viene infatti a mancare lo slancio poetico e sognatore che pervade il personaggio, soprattutto negli appuntamenti con le arie popolari. Tuttavia, quella di Villari è una prova in crescendo che si fa più introspettiva col proseguire della recita.
Gli fa da contraltare una Federica Vitali semplicemente perfetta per il ruolo di Maddalena di Coigny. La voce è corposa e caratterizzata da un timbro metallico negli slanci in acuto. Ciò che maggiormente colpisce è la capacità di risultare credibile in ogni passaggio della vita della protagonista, dalla giovinezza spensierata del primo atto fino alla donna maturata troppo in fretta che intona “La mamma morta”. Vitali riesce nell’impresa grazie a una notevole disinvoltura scenica ma soprattutto con un fraseggio curatissimo, cangiante ed espressivo, tale da valorizzare pienamente i versi di Illica.
Kim Gangsoon è un Carlo Gérard un po’ monocorde. La voce ha un bel timbro e un volume non debordante, tanto che risulta talvolta coperto dall’orchestra, ma la sua prova acquista in espressività nel corso della recita, così da brillare veramente in un “Nemico della patria” eseguito coi giusti accenti e senza scadere nel volgare.
Shay Bloch, con la sua voce corposa, si muove senza problemi lungo tutta l’estensione vocale del ruolo di Bersi. Alessandra Palomba disegna perfettamente sia la Contessa di Coigny che la vecchia Madelon, differenziandole con gli accenti appropriati. Alessandro Abis delinea un Roucher cordiale con la sua potente voce di basso, Marco Miglietta è mellifluo quanto basta nei panni dell’Incredibile e compassato in quelli dell’abate. Fernando Cisneros ben disegna il ruolo di Mathieu, mentre appare più pallido in quello di Fleville. Ben caratterizzati appaiono sia Gianluca Lentini (Schmidt/Fouquier) che Giorgio Marcello (Maestro di casa/Dumas).
Non è da dimenicare infine il Coro Arché ben preparato da Marco Bargagna, sempre preciso e compatto nei suoi interventi.
Alla recita pomeridiana, il pubblico non foltissimo ma assai ricettivo, non risparmia applausi dopo i numeri famosi e alla fine dispensa un vivo successo, riservando accoglienze entusiastiche a Gangsoon, Villari e Pasqualetti.
Teatro Verdi – Stagione 2024/2025
ANDREA CHÉNIER
Dramma di ambiente storico in quattro quadri
Libretto di Luigi Illica
Musica di Umberto Giordano
Andrea Chénier Angelo Villari
Maddalena di Coigny Federica Vitali
Carlo Gérard Kim Gangsoon
Bersi Shay Bloch
La contessa di Coigny/Madelon Alessandra Palomba
Roucher Alessandro Abis
Mathieu/Fléville Fernando Cisneros
Un incredibile/L’abate Marco Miglietta
Schmidt/Fouquier Gianluca Lentini
Il maestro di casa/Dumas Giorgio Marcello
Filarmonia Veneta
Coro Arché
Direttore Francesco Pasqualetti
Maestro del coro Marco Bargagna
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Costumi Chicca Ruocco
Luci Fiammetta Baldiserri e Oscar Frosio
Coreografie Isa Traversi
Nuova produzione e allestimento
Coproduzione Fondazione Tetaro di Pisa, Teatro Sociale di Como AsLiCo,
Fondazione del Teatro Grande di Brescia, Fondazione Teatro Fraschini (Pavia),
Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli – Cremona, Teatro Sociale di Rovigo,
Azienda Teatro del Giglio (Lucca)
Pisa, 27 ottobre 2024
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