Varese – Funzionari infedeli dello Stato, hacker e consulenti informatici. Tutti al servizio di un’associazione a delinquere che avrebbe prelevato in maniera fraudolenta dati sensibili, anche di esponenti politici, per ottenere “un profitto economico e di altra natura” e lucrare su informazioni “sensibili e segrete” che evidentemente facevano gola.
È l’esito di un’indagine della Dda di Milano, che ricorda sinistramente l’inchiesta della Procura di Perugia che poco più di un anno fa aveva fatto emergere centinaia di accessi abusivi che sarebbero stati effettuati da un finanziere per ottenere informazioni riservate su conti correnti, dichiarazioni dei redditi e altri dati finanziari di personaggi pubblici.
Il blitz è scattato venerdì 25 ottorbe e ha portato all’esecuzione di sei misure cautelari tra arresti domiciliari (per quattro destinatari) e interdittive (per gli altri due) e al sequestro di diverse società. Tra le persone coinvolte nell’operazione, stando a quanto trapela al momento, ci sarebbero sia appartenenti alle forze dell’ordine attualmente in servizio (si parla di un carabiniere) sia ex appartenenti (un poliziotto). L’indagine portata avanti dagli investigatori dell’Arma del Nucleo investigativo di Varese, coordinati dal pm della Dda Francesco De Tommasi e dal collega della Procura nazionale antimafia Antonio Ardituro, avrebbero documentato una sistemica “esfiltrazione” di documenti archiviati in banche dati strategiche nazionali: si va dallo Sdi, utilizzato dalle forze di polizia per incamerare i dati di una persona che ha commesso un reato e per consultare gli stessi dati in tempo reale per controllare eventuali precedenti, al sistema Serpico dell’Agenzia delle Entrate; dal software dell’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) a quello dell’Anpr, il registro anagrafico centrale del Ministero dell’Interno, fino al portale Siva che contiene informazioni su potenziali operazioni finanziarie sospette. Dati che, secondo quanto emerge, sarebbero stati sottratti illecitamente su commissione di ‘clienti’, anche a “fini privatistici”, e poi rivenduti a chi era disposto a pagare per entrarne in possesso, non si sa ancora se per ricattare qualcuno o per altri scopi.
Decine le perquisizioni sia in Italia che all’estero: sembra che alcuni “obiettivi” passati al setaccio si trovino in Svizzera; e che uno dei server utilizzato dall’organizzazione criminale sia basato nei Paesi baltici. L’operazione avrebbe avuto origine da una precedente inchiesta milanese sulla criminalità organizzata, anche se nelle misure cautelari eseguite nelle ultime ore non vengono contestate condotte di “agevolazione” delle mafie.
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