Laurea in Ingegneria chimica a Padova, specializzazione a Los Angeles in ingegneria dei materiali e, prima, formazione classica maturata al liceo Stellini di Udine. Con questo profilo, Angela Martina guida dal 2020 l’Ance di Udine (una novantina di imprese), il gruppo edile di Confindustria Udine e dal 2013 è presidente del Centro edile per la formazione e sicurezza. Entrata nell’azienda di famiglia nel 2008, dove oggi è parte del Cda e direttore tecnico, evidenzia gli anni positivi che ha vissuto l’edilizia nell’ultimo sessennio, dopo una lunga discesa. Non nasconde i problemi presenti e all’orizzonte, ma di fronte a ogni scoglio attiva il pensiero laterale, per affrontarli e andare oltre.
Presidente, presenza e posizione di vertice in un settore storicamente maschile. Com’è stato possibile?
«Non ho incontrato molte difficoltà. Forse hanno giovato due condizioni: mio padre, che ha fondato l’azienda di famiglia, non ha mai fatto differenze di genere, ha sempre guardato alle competenze della persona. Inoltre, sono entrata in punta di piedi in questo mondo, ampliando progressivamente il raggio d’azione. Oggi incontro molte più donne in cantiere, in qualità di architetti, ingegneri, direttori dei lavori. Più limitata la presenza nella parte più prettamente operativa e nella conduzione delle macchine, ma il processo è avviato e si svilupperà. Lo dicono anche le 28 ragazze che stanno frequentando il percorso artistico della scuola edile di Udine, dedicato alle opere di finitura».
In azienda dal 2008. Non proprio un inizio facile, date le crisi che si sono ripetute. Come le ha attraversate?
«Una premessa: la positività degli ultimi anni in ambito edile ha consentito in Fvg di tornare alle dimensioni del 2010 dopo una discesa durata un decennio. Ma l’economia è ciclica. C’è stata una risalita, dobbiamo mettere in conto una contrazione futura. La riqualificazione nel privato ha già frenato, anche se il mantenimento del bonus ristrutturazione al 50% consentirà una tenuta. Quando alla parte pubblica, occorre che la politica economica accompagni il post 2026, cioè la fine degli interventi legati al Pnrr. Il green deal europeo ci dà una direzione e una scadenza. Tempi di trasformazione, come quelli che abbiamo dovuto affrontare dal 2008: nel mio caso ha giovato la consapevolezza trasmessami da mio padre, l’economia è ciclica, e la ricerca di nuovi interlocutori e ambiti d’azione nel contesto edile. Uno sforzo che ha dato risultati e che ha consentito nuove collaborazioni mantenute e rafforzate nel tempo».
Che sguardo ha sui prossimi mesi e anni?
«Il settore edile pesa per il 10% sul Pil del Fvg. È un comparto importante e continuerà a esserlo. Dobbiamo prendere atto che, dopo l’effervescenza di questi ultimissimi anni, ci potrà essere una contrazione e sapere che ci sono scelte che debbono essere fatte».
Manodopera permettendo…
«È un problema europeo, legato a un fattore demografico e a un allontanamento dal settore dovuto al suo lungo periodo critico. È difficile scegliere di lavorare in un settore in crisi. Ora l’andamento è mutato e il lavoro in edilizia può diventare di nuovo attrattivo. Inoltre, occorre puntare su manodopera immigrata formata già in loco. Con la scuola edile di Udine abbiamo intrapreso questo percorso in Albania».
Le imprese edili Fvg sono dimensionalmente adeguate alla competizione?
«Sono Pmi, una dimensione che rappresenta la nostra forza, soprattutto per la flessibilità e la velocità di reazione, e la nostra debolezza, perché occorre massa critica, soprattutto per gli investimenti. I consorzi tra imprese potrebbero essere una soluzione».
Incertezza normativa e burocrazia: che grado di problematicità rappresentano per il settore edile?
«L’incertezza della norma è un problema con cui non dovremmo essere costretti a misurarci. Il Superbonus è stato un esempio. Quanto alla burocrazia, esiste ed è importante, anche se oggettivamente c’è uno sforzo di semplificazione. Penso, per esempio, alla digitalizzazione delle gare d’appalto e all’evoluzione di buon senso che si è notato nel soccorso istruttorio».
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