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LA LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA SOCIALE AL SOCIO RECEDUTO O ESCLUSO O AGLI EREDI DEL SOCIO PREMORTO #finsubito prestito immediato

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Nel maggio 2019 sono stato escluso dalla snc titolare di farmacia, ma seri problemi di salute mi hanno consentito di richiedere la liquidazione della quota. Ho chiesto a un professionista il quale mi ha chiarito che ormai non posso fare più nulla perché sono passati cinque anni dall’esclusione. Se è vero, cosa posso fare?

Indipendentemente dalla causa che determina lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio (recesso, esclusione o morte), quest’ultimo o i suoi eredi acquisiscono – non c’è dubbio – il diritto appunto alla liquidazione [in denaro] della quota.
Il contratto sociale può naturalmente prevedere clausole specifiche che contemplino e disciplinino i criteri di valutazione della quota, stabilendo in sostanza anche i parametri per la determinazione del suo valore.
Sotto il profilo soggettivo, e salvo che lo statuto non preveda diversamente, obbligata a corrispondere la liquidazione è soltanto la società come tale, quindi non i soci a titolo personale, come del resto ha chiarito la Suprema Corte (n. 4103/1998; n. 5757/1998).
La Cassazione ha anche ribadito che – nonostante la mancanza di personalità giuridica della snc e la sua autonomia patrimoniale c.d. imperfetta – la società è dotata di una sua soggettività [anche processuale], distinta pertanto da quella dei soci, come è vero che è la società come tale ad assumere la titolarità di beni sociali e/o, più in generale, di rapporti giuridici derivanti o meno da vicende contrattuali [nessuno, ad esempio, dubiterebbe circa la piena capacità giuridica di una snc titolare di farmacia ad assumere la veste di parte conduttrice in un contratto di locazione avente ad oggetto l’unità commerciale adibita all’esercizio della farmacia].
Pertanto, la domanda di liquidazione della quota sociale andrà posta nei confronti della società – dunque, in persona degli amministratori – senza che vi sia necessità di chiamare in giudizio anche gli altri soci.
Di conseguenza, il debito di liquidazione della quota del socio escluso o receduto o premorto [al pari evidentemente di ogni altro debito sociale] deve essere soddisfatto dalla società e, solo sussidiariamente, dagli altri soci in solido tra loro.
Il termine previsto dall’art. 2289 del codice per l’adempimento di quest’obbligo da parte della società è stabilito – fatta sempre salva una diversa disposizione statutaria – in “sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto”.
Durante questo periodo, la società ha la possibilità di liquidare la quota in qualsiasi momento, ma il socio uscente (o i suoi eredi) non può/(possono) richiedere il pagamento prima della scadenza dei sei mesi.
Al compimento del sesto mese, qualora la liquidazione non sia stata effettuata [beninteso, per fatto non imputabile al socio receduto o escluso o premorto], la società si trova automaticamente in situazione di mora, quel che comporta l’obbligo di corrispondere anche gli interessi per l’appunto moratori.
Inoltre, la società sarà tenuta a risarcire anche l’eventuale danno derivante dalla svalutazione monetaria del valore della quota, qualora la dilazione del pagamento abbia causato una perdita economica per il socio uscente o i suoi eredi.
Quanto al termine di prescrizione del diritto del socio, o dei suoi eredi, di richiedere la liquidazione della quota alla società, è di cinque anni e si applica anche a tutti gli altri diritti pure derivanti dal cessato rapporto sociale, come dispone l’art. 2949 del cod. civ., secondo il quale, infatti, “si prescrivono in cinque anni i diritti che derivano dai rapporti sociali, se la società è iscritta nel registro delle imprese”.
Lo stesso termine – che può essere interrotto secondo le modalità ordinarie previste dal codice civile [come l’invio di una formale costituzione in mora o l’instaurazione di un’azione legale] – si applica altresì alle eventuali azioni di responsabilità del socio o dei suoi eredi nei confronti degli amministratori e anche, nel caso di una snc, degli altri soci che eventualmente non figurino nel contratto sociale come amministratori.
Sulla decorrenza, poi, del detto termine prescrizionale, la Cassazione ha chiarito che il dies a quo coincide con il momento in cui la prestazione diventa esigibile, ovvero dalla scadenza dei sei mesi previsti dall’art. 2289, comma 4, cod. civ. (Cass. 13 gennaio 2022, n. 1200), essendo d’altronde fuori dubbio, per quanto sopra detto, che prima della scadenza il creditore non può avanzare nessuna richiesta di adempimento.
Nel caso in cui il diritto alla liquidazione della quota si estingua per intervenuta prescrizione – ma non è, fortunatamente per Lei, il Suo caso dato che il quinquennio [e i precedenti sei mesi] non è ancora interamente decorso – la quota non liquidata viene automaticamente ripartita tra i soci superstiti, proporzionalmente alle rispettive partecipazioni nella società.
Questo quadro normativo e giurisprudenziale sottolinea una volta di più l’importanza [anche] di una tempestiva gestione della liquidazione della quota e dell’eventuale interruzione dei termini prescrizionali.

 

(aldo montini)

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