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Sulla Carta del docente si continua a sentenziare a favore dei precari: stavolta è accaduto Cosenza, dove una settimana fa il giudice del Lavoro ha condannato il Ministero al pagamento di 2.000 euro, oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell’art. 22, comma 36, della L. n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito alla concreta attribuzione, per avere svolto quattro supplenze annuali (tra il 2020 e il 2024) senza ricevere un euro a supporto della formazione professionale a differenza di quanto è avvenuto per i colleghi di ruolo.
Il giudice ha innanzitutto evidenziato come “il Consiglio di Stato con sentenza n. 1842/2022” abbia “chiarito che “l’interpretazione” della normativa vigente sulla materie deve “tenere conto delle regole in materia di formazione del personale docente dettate dagli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. di categoria: regole che pongono a carico dell’Amministrazione l’obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, “strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio” (così il comma 1 dell’art. 63 cit.). E non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la Carta del docente, di tal ché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti)”. Con la stessa sentenza, la Sezione Settima del Consiglio di Stato ha anche mutato “il proprio precedente orientamento di cui alla sentenza n. 3979/2017” annullando “tutti quegli atti amministrativi impugnati che non prevedevano come beneficiari della corta docente i docenti non di ruolo”.
Nella sentenza si legge anche che “la Corte di Giustizia UE”, la quale “su domanda pregiudiziale proposta ai sensi dell’articolo 267 TFUE (…) con ordinanza pronunciata il 18 maggio 2022 nella causa C-450/2021, ha dichiarato incompatibile con l’ordinamento eurounitario la norma che preclude ai docenti a tempo determinato il diritto di avvalersi dei 500 euro della carta per l’aggiornamento e la formazione del docente”. La stessa Corte di Giustizia ha quindi affermato che “l’indennità di € 500,00 annui di cui alla c.d. “carta docenti” deve essere considerata come rientrante tra le “condizioni di impiego” ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro. Si legge, invero, nella sentenza suddetta che: “36 Infatti, conformemente all’articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, tale indennità è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero, e di valorizzarne le competenze professionali. Inoltre, dall’adozione del decreto-legge dell’8 aprile 2020, n. 22, il versamento di detta indennità mira a consentire l’acquisto dei servizi di connettività necessari allo svolgimento, da parte dei docenti impiegati presso il Ministero, dei loro compiti professionali a distanza. Il giudice del rinvio precisa altresì che la concessione di questa stessa indennità dipende in modo determinante dall’effettiva prestazione del servizio da parte di tali docenti”.
Sempre nella sentenza di Cosenza è stato sottolineato che anche la Cassazione è favorevole al pagamento della Carta del docente: la Corte Suprema, in particolare, ha ricordato che “spetta al giudice nazionale valutare se il lavoratore a tempo determinato si trovi in una situazione comparabile a quella del lavoratore a tempo indeterminato, tenuto conto di elementi quali “la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego”. Inoltre, il giudice del lavoro he ricordato che tra “i principi affermati dalla Suprema Corte in recentissima sentenza n. 29961, pubblicata il 27 ottobre 2023), la Corte di legittimità, pronunciandosi su questione oggetto di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. in tema di spettanza agli insegnanti non di ruolo della cd. carta del docente (ex art. 1, comma 121, l. n. 107 del 2015), ha affermato” alcuni “principî di diritto”: il primo di questi prevede che “la Carta del Docente di cui all’art. 1, comma 121, l. n. 107 del 2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31 agosto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, l. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività didattiche, ovverosia fino al 30 giugno, ai sensi dell’art. 4, comma 2, della l. n. 124 del 1999, senza che rilevi l’omessa presentazione, a suo tempo, di una domanda in tal senso diretta al Ministero”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “ancora una volta prevalgono sul tema della card del docente da 500 euro la posizione del Consiglio di Stato, della Corte di Giustizia europea e della Corte di Cassazione, secondo cui le spese per la formazione in servizio, resa obbligatoria dalla Legge 107/15, la stessa che ha introdotto la Carta del docente, vanno allargate anche ai supplenti. Per precari o ex precari ecco quindi profilarsi una succulenta possibilità: quella di presentare ricorso gratuito attraverso i nostri legali, così da chiedere spiegazioni al giudice di competenza e recuperare fino a 3.500 euro più interessi”.
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