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Con Dikembe Mutombo se ne va, a soli 58 anni di età, non soltanto uno dei personaggi di culto della pallacanestro anni Novanta ma anche un uomo che ha sempre saputo che la pallacanestro è un mezzo, non un fine. Giocatore intelligente ma grezzo, di sicuro non un artista del parquet, Mutombo era stato un buon difensore e soprattutto un grandissimo stoppatore, nella storia NBA secondo soltanto a Olajuwon. Stoppate seguite dal ditone mostrato all’avversario e dal “Not in my house!” poi utilizzato in tanti spot. Ditone che Mutombo spiegava come risposta allo scherno di cui era stato a volte oggetto, lui ragazzo dello Zaire (per quanto poi passato dalla Georgetown di John Thompson). Gesto iconico che piaceva ai ragazzini e meno ad avversari, in particolare a Michael Jordan che reagiva alla Jordan, e arbitri che a un certo punto iniziarono a sommergerlo di falli tecnici. Oltre ai falli per così dire normali, anche questi poco simpatici (le gomitate soprattutto). Nei Nuggets e negli Hawks gli anni migliori dello zio di Kabengele (ora alla Reyer), anche se poi le sue finali NBA, sia pure perse, le avrebbe giocate con i Sixers di Iverson da protagonista e con i Nets di Jason Kidd da comprimario. Buon giocatore, senza mitizzare il passato, ma personaggio che si staccava dalla massa e che ha contribuito a rendere la NBA un fenomeno globale.