Nel caso d’acquisto di un fabbricato con richiesta delle
agevolazioni prima casa, da parte di un soggetto
coniugato in regime di comunione legale dei beni,
le dichiarazioni prescritte dalla legge debbano riguardare non solo
il coniuge intervenuto nell’atto ma, anche, quello non intervenuto
e devono essere necessariamente rese da quest’ultimo.
Agevolazioni prima casa: cosa fare in regime di comunione dei
beni
Questo perché a norma dell’art. 1 della Tariffa allegata al
d.P.R. n. 131 del 1986, nota II-bis, lett. b) e c), per il
godimento delle agevolazioni fiscali c.d. “prima casa” occorre che
l’acquirente dichiari all’atto di acquisto di non essere titolare
esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà,
usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel
territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare, e
di non averne in precedenza, fruito, neppure pro
quota, in riferimento all’intero territorio nazionale e il
fatto che l’acquisto si attui per effetto del regime della
comunione legale non costituisce, in assenza di specifiche
disposizioni in tal senso, eccezione alla regola.
A ricordare degli importanti principi in materia di agevolazioni
prima casa è la Corte di Cassazione, V sez. Civile, con l’ordinanza
del 14 ottobre 2024, n. 26703, con cui ha cassato la
sentenza della CTR II grado Sicilia in relazione a un contenzioso
sull’avviso di liquidazione notificato dall’Agenzia delle Entrate
per assenza delle dichiarazioni utili ad usufruire
dell’IVA agevolata al 4% sull’acquisto di un
immobile.
Nel dettaglio, il Fisco aveva rilevato il mancato intervento in
atto del coniuge del contribuente, sposato in regime di comunione
dei beni e quindi l’omissione delle dichiarazioni previste
per la concessione delle agevolazioni “Prima Casa”, con
conseguente applicazione dell’IVA secondo l’aliquota ordinaria
oltre a interessi e sanzioni di legge.
Il ricorso è appunto incentrato sulla violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al
d.P.R. n. 131 del 1986, c.d. TUR (testo unico dell’imposta di
registro).
Secondo il Fisco, le sentenze di merito (sia della CTP che
della CTR di II grado) hanno erroneamente ritenuto applicabili le
agevolazioni richieste per l’acquisto di un immobile in regime di
comunione legale tra coniugi, anche senza l’intervento in atto di
acquisto – e quindi senza che siano state formulate le
dichiarazioni di cui alla nota 2-bis dell’art. 1 della tariffa in
argomento.
Immobile acquistato in regime di comunione dei beni: servono
dichiarazioni di entrambi i coniugi
Una tesi condivisa dagli ermellini, che hanno ricordato come già
in precedenza la Cassazione abbia rilevato che:
- a norma dell’art. 1 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131
del 1986, nota II bis lett. b) e c), per il godimento delle
agevolazioni fiscali c.d. “prima casa” occorre che l’acquirente
dichiari in seno all’atto di acquisto di non essere titolare
esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà,
usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel
territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare, e
di non averne in precedenza, fruito, neppure pro quota, in
riferimento all’intero territorio nazionale; - la circostanza che l’acquisto si attui per effetto del
regime della comunione legale non costituisce, in assenza di
specifiche disposizioni in tal senso, eccezione alla regola
anzidetta; - nel caso d’acquisto di un fabbricato con richiesta delle
agevolazioni prima casa, da parte di un soggetto coniugato in
regime di comunione legale dei beni, le dichiarazioni prescritte
dalla legge debbano riguardare non solo il coniuge intervenuto
nell’atto ma, anche, quello non intervenuto e debbano essere
necessariamente rese da quest’ultimo».
Ne deriva che sia la CTP che la CTR hanno errato nel proprio
giudizio, in aperto contrasto con i principi enunciati, con
conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte
di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia sezione in
diversa composizione.
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