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Genova, le alluvioni e il mitico scolmatore del Bisagno: ora aspettiamo la talpa dalla Cina #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Nel cuore di tutti c’è un fiume, un torrente, un rio. Il Mississippi di Mark Twain, il fiume Hudson di Walt Whitman, la Senna di Victor Hugo e Guillaume Apollinaire, l’Eridano Po di Bacchelli e l’Arno di Dante Alighieri, sono tutti fiumi importanti. Paragoni insostenibili per chi ha nel cuore un piccolo rivo, il torrente Bisagno. È un corso d’acqua di soli 25 chilometri alimentato da un bacino di poco meno di cento chilometri quadrati di terre assai scoscese. E che sa diventare molto cattivo.

Come gran parte dei baby boomer genovesi, ho vissuto la grande alluvione del XX secolo (7 ottobre 1970, 54 anni fa) con la pala in mano. Un anno dopo, nell’ottobre 1971, la Commissione Ministeriale per la Sistemazione dei Corsi d’Acqua del territorio Genovese Interessati dall’Alluvione, aveva dato un rapido responso: l’evento era “non improbabile”, d’ora in poi i ponti avrebbero dovuti essere costruiti a unica campata, la difesa idraulica della città era una priorità fondamentale del paese. A questo scopo, aveva esaminato quattro soluzioni: un canale scolmatore in galleria, invasi artificiali regolati da un paio di grandi dighe, il rifacimento della copertura finale palesemente insufficiente, la demolizione della copertura stessa e delle costruzioni addossate al fiume sepolto. E aveva concluso che lo scolmatore sub-collinare era l’unica soluzione realmente fattibile.

Verso la fine degli anni 80 del secolo scorso, la soluzione in galleria fu estesa alla deviazione quasi totale del torrente sul modello spagnolo di Valencia, tramite una coppia di fornici (Figura 1). Il progetto prevedeva anche una decina di invasi selettivi a monte: piccole dighe sormontabili e selettive, anche per salvaguardare l’opera di valle dal pericolo di ostruzioni dovute ai detriti arborei. Cantierata in occasione delle Colombiane del 1992, l’opera naufragò quasi subito a causa di vicende giudiziarie poco chiare. E finì presto nel dimenticatoio, nonostante l’alluvione del 1992, quando l’arbitro Baldas, appollaiato su un tavolo dello spogliatoio dello stadio di Marassi invaso dall’acqua, aveva telefonato al cavaliere Silvio Berlusconi, per chiedere conforto sulla sospensione della partita tra Sampdoria e Milan.

Dopo altri studi, noti anche a livello internazionale, il Piano di Bacino ribadì la necessità dello scolmatore. E l’importanza di mettere in cantiere l’opera fu salutata da un largo consenso. Lo stesso consenso politico e tecnico-amministrativo che la custodì per molti anni nel cassetto. Raramente la politica del XXI secolo antepone l’importante all’urgente. E l’inaugurazione di una galleria idraulica seduce meno del taglio del nastro di un ponte. Se la galleria poi non funziona, l’amministrazione e i suoi tecnici corrono seri guai giudiziari. Se funziona, nessuno se ne accorge, perché la gente concepisce l’idea del rischio alluvionale solo con l’acqua alla gola.

L’acqua alla gola non si fece attendere, sia nel 2011 sia nel 2014. Dopo molte perplessità e resistenze, più a livello locale che nazionale, l’unità di missione #italiasicura finanziò non solo il progetto esecutivo, ma anche la costruzione dello scolmatore. A quanto si apprende dal sito web comunale dedicato all’opera, il progetto fu consegnato nel mese di novembre 2017 (Figura 2) e il cronoprogramma prevedeva 1395 giorni di cantiere a partire dai primi mesi del 2019, meno di quattro anni, secondo quanto dichiarò il governatore della Liguria a Il Secolo XIX il 27 luglio 2018.

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Oggi la più importante tv locale della Liguria, Primocanale, racconta che la “talpa dello scolmatore del Bisagno dovrà circumnavigare l’Africa” (Figura 3). Non so se le talpe sappiano nuotare, ma parrebbe di sì. La tunnel boring machine (TBM) è una normalissima fresa meccanica a piena sezione, strumento usato per meccanizzare lo scavo e il rivestimento delle gallerie. Non è una novità tecnologica del nuovo millennio, poiché il primo scudo di perforazione fu sviluppato con successo da Sir Brunel per scavare la galleria del Tamigi nel 1825 (Figura 4). Oggi in Italia sono attive almeno una quarantina di talpe, talora macchine assai più complesse di quella che doppierà il Capo di Buona Speranza per approdare nella Superba. E il diametro della coppia di gallerie del tunnel sub-portuale di Genova, in costruzione, supera ampiamente quello dello scolmatore.

Lo scolmatore fu previsto a livello centrale nel 1971, iniziato per pochi metri nel 1992, approvato nel Piano di Bacino regionale del 2001. I lavori furono finanziati dal governo Renzi (2014-2016) e il progetto reso nel novembre 2017. L’appalto fu aggiudicato all’inizio di giugno 2020, secondo quanto dichiarato con soddisfazione dalla Agenzia per la Coesione Territoriale. Il tempo tra il dire e il fare non è stato brevissimo, nonostante l’acclarata “improrogabile necessità di realizzare un’opera atta a mitigare l’altissimo ed inaccettabile rischio idraulico dell’area urbana di Genova”. Il problema, però, è “non fare” nonostante un (apparente) consenso, unanime e incondizionato sul “fare”. Alcuni media raccontano come l’avanzamento dei lavori sia fermo al 5 percento per quanto riguarda gli scavi di servizio, al 12 percento sulla regimazione delle acque e al 7 percento sulle opere a mare.

Se realizzato secondo cronoprogramma, la piena di qualche giorno fa avrebbe battezzato il primo innesco dello scolmatore. Giove pluvio e la madre dei fiumi, Teti, sono stati clementi. È andata bene, ma non bisognerebbe dimenticare che “data l’improrogabile necessità di realizzare un’opera atta a mitigare l’altissimo ed inaccettabile rischio idraulico dell’area urbana di Genova, si prescrive, come suddetto, la predisposizione di un attento e dettagliato piano di gestione dell’opera”, come recitano le conclusioni del Parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici reso all’unanimità quel 27 luglio 2018. Fa poi tenerezza la frase finale: “A tal fine, si ritiene opportuno l’istituzione di un organismo ad-hoc che si occupi integralmente dell’amministrazione, della gestione, del controllo, della pulizia e della manutenzione dell’opera, attivo senza interruzioni anche per la gestione delle emergenze”. E, magari, chiarisca ai genovesi che le talpe giganti non sono animali rari, fantastici e misteriosi, frutto della zoologia fantastica di Jorge Luis Borges.

Queste bestiole si sono riprodotte a centinaia e sono al lavoro in tutto il mondo. Genova compresa, poiché sarà una TBM scudata a contropressione al fronte tipo Hydroshield a scavare entrambe le gallerie del tunnel sub-portuale, canna Sud e Nord (Figura 5).

[Vedi anche: Rosso, R. (2014) Bisagno; il fiume nascosto, Venezia: Marsilio]

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