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Steve’s, la startup torinese che crea scarpe di lusso da bucce di mele #finsubito prestito immediato


L’IDEA È DEI FRATELLI Filippo e Giulia Gandini (nella foto in alto), due giovani imprenditori torinesi che, nel 2022, hanno deciso di abbandonare le rispettive carriere professionali per imbarcarsi in un’avventura all’insegna della sostenibilità, nonché della valorizzazione dell’artigianato interamente ‘made in Italy’: parliamo della startup Steve’s, brand emergente di calzature ecosostenibili, o meglio, ‘plant-based’ (letteralmente, ‘ricavate dalle piante’). Già, perché le sneakers Steve’s sono realizzate utilizzando componenti innovativi come AppleSkin, un’ecopelle vegana creata, parzialmente, con gli scarti della lavorazione delle mele dell’Alto Adige. Nella fabbricazione di ciascun paio si utilizza anche velluto upcycled, recuperato da avanzi di produzione e altrimenti destinato al contenitore dei rifiuti. Una combinazione perfetta, dunque, di scarti derivanti dalla produzione agro-alimentare, da un lato, e dalla filiera della moda, dall’altro: due comparti che rappresentano, agli occhi del mondo, l’eccellenza italiana, reinterpretata in chiave sostenibile sia dal punto di vista ambientale che etico.

Finora venduto solo nei canali online, il brand ha annunciato, di recente, che nei prossimi mesi aprirà due flagship store e sarà presente nelle più note boutique delle città italiane ad alta densità turistica. Nei piani della startup torinese c’è anche il lancio di nuovi modelli di calzature, pensati per ampliare la propria offerta. Per raggiungere tali obiettivi, è stata avviata una campagna di equity crowdfunding sulla piattaforma Mamacrowd, con cui i due fratelli contano di raccogliere fino a 300mila euro. L’importo dovrebbe sostenere la crescita del brand e contribuire a consolidarne la presenza sul mercato nazionale. Successivamente, i fratelli Gandini aspirano a espandersi nei mercati internazionali. “Guardiamo con grande interesse ai mercati del Nord Europa, in particolare Olanda e Germania, paesi in cui il consumatore è molto attento alla sostenibilità e all’innovazione – hanno dichiarato –. Allo stesso tempo, abbiamo riscontrato un forte interesse nei paesi dell’Est asiatico, in particolare in Giappone e Corea del Sud. Qui il made in Italy non è solo riconosciuto, ma rappresenta una vera e propria garanzia di status e qualità”.

La filiera corta, 100% italiana, garantisce il controllo totale su qualità e tracciabilità dei materiali e dei processi produttivi. Proprio lo studio attento dei materiali è uno dei punti di forza delle scarpe Steve’s. L’azienda che produce AppleSkin – il materiale scelto dalla startup torinese per le proprie collezioni – è un laboratorio di Bolzano, Frumat Leather, che recupera gli scarti delle numerose aziende melicole dell’Alto Adige per produrre anche altri materiali eco-friendly a base di bucce e torsoli di mela, come Cartamela e Pellemela, utilizzati per realizzare fazzolettini, rotoli da cucina e persino rivestimenti di divani. AppleSkin è una similpelle versatile, altamente performante e 100% cruelty-free: è prodotta con una base di cellulosa vegetale, caratterizzata da una varietà di trame, spessori e colori. Nei primi 15 mesi di attività, Steve’s ha venduto oltre 500 paia di sneakers, raggiungendo clienti in Italia e all’estero. Un successo tale da suscitare la curiosità di Azimut Yachts, colosso piemontese degli yacht, con cui la startup ha collaborato per un progetto riguardante la fornitura e personalizzazione delle sneakers.

“Il nome è un omaggio a un precedente brand di scarpe, fondato anni fa da nostro zio in Francia – hanno spiegato Filippo e Giulia Gandini -. Prima di lanciare il nostro prodotto abbiamo trascorso un anno viaggiando in tutta Italia e incontrando di persona artigiani e fornitori. Volevamo partner che condividessero la nostra visione e la nostra voglia di innovare un settore così tradizionale e storico come quello calzaturiero italiano”. Affiancati da un designer, i due fratelli curano ogni aspetto delle loro sneakers: dall’approvazione dei prototipi alla scelta dei materiali, fino alla logistica e al packaging.

“I nostri velluti recuperati – hanno ancora affermato – provengono da sovrapproduzioni o rimanenze di creazioni di famosi designer, che altrimenti sarebbero destinati allo smaltimento. Non produciamo il velluto in serie, ma lo recuperiamo: una volta acquistato uno stock, non possiamo garantire di avere lo stesso tessuto per le produzioni future, il che rende le nostre scarpe simili a pezzi unici, o a vere e proprie edizioni limitate”. Dagli scarti alimentari (bucce e torsoli di mela, avanzati dalla produzione melicola altoatesina) ha origine la tomaia. La suola Leaf è realizzata con il 50% di Tpu riciclato (il Tpu è un materiale plastico, comunemente impiegato nella produzione di suole e intersuole per calzature sportive, da trekking e da lavoro): in tal modo, si riducono l’uso di risorse naturali e la produzione di rifiuti. A fine vita, il materiale è 100% riciclabile. Puntali e contrafforti sono biodegradabili e compostabili in conformità alle norme internazionali; le solette sono in ‘ecosole’, innovativo materiale cellulosico a basso impatto ambientale certificato.

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