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“Non si parla male del Comune sui social”. Ecco perché i dipendenti di Arezzo hanno ricevuto questo messaggio #finsubito prestito immediato


“Non si può parlare male del Comune di Arezzo su Facebook”. L’invito è quello rammentato ai dipendenti municipali attraverso la newsletter del 28 agosto scorso, diffusa direttamente dall’ente, dove sarebbe apparsa una sezione riguardante proprio quelle che sarebbero le “modalità di espressione da tenere quando si utilizza i social media”. In poche parole, sarebbe stata raccomandata massima cautela nel dare giudizi sull’amministrazione comunale e temi che possano potenzialmente nuocere all’immagine del Comune stesso.

Un messaggio che non è passato inosservato e che è diventato argomento di un’interrogazione presentata dal consigliere comunale del M5S, Michele Menchetti nella seduta dello scorso 31 ottobre. “Nella newsletter del 28 agosto 2024 trasmessa dal servizio personale a tutti i dipendenti del Comune, si fa riferimento al comportamento degli stessi quando utilizzano i social media personali: dalla modalità di espressione delle proprie opinioni alla cautela nel dare giudizi sull’amministrazione, dai commenti che possono nuocere all’immagine del Comune all’attenzione da porre nelle conversazioni sulle piattaforme digitali. Personalmente ritengo che si tratti di un’ingerenza nella vita privata dei dipendenti stessi, del tutto inutile e inopportuna, dal momento che tutti usiamo i social media e siamo maggiorenni. Così come sappiamo che ci sono responsabilità civili e penali legate a eventuali post o messaggi ad esempio diffamatori. Con questa comunicazione l’amministrazione comunale si è spinta oltre volendo stabilire, in luogo delle lavoratrici e dei lavoratori, cosa possano o non possano scrivere sui loro profili. Emerge soprattutto che non devono criticare l’operato dell’amministrazione comunale, con buona pace del diritto di critica, della libertà di pensiero e di espressione e della libertà sindacale. I dipendenti del Comune sono lavoratori a servizio della comunità aretina e non per il sindaco o per la sua giunta e saranno lì a fare il loro mestiere anche dopo di voi. Quale fine avete voluto raggiungere con questa comunicazione, se non quello di intimorire con paventate azioni disciplinari quei dipendenti che potrebbero criticarvi? Chi stabilisce cos’è ritenuto offensivo o lesivo dell’azione politico-amministrativa? Chi è l’autorità che determina cosa è lecito scrivere e cosa invece deve essere sanzionato con un procedimento disciplinare a carico del dipendente? Da chi è stata autorizzata la divulgazione della newsletter? Il segretario generale, in qualità di garante della legittimità degli atti, ne è stato informato preliminarmente?”.

Cosa dice l’amministrazione comunale

Pronta la risposta da parte dell’assessora al personale Giovanna Carlettini che, durante la seduta dell’assise, ha precisato: “da ex dipendente comunale per quasi 40 anni non sono certo la persona che vuole intimidire quelli che sono stati per tanto tempo i miei colleghi. Credo poi che la newsletter sia un utile strumento di comunicazione interna, è un condensato di notizie che beneficiano così di una diffusione capillare e generalizzata e che ricorda ai dipendenti uno spettro di diritti a 360 gradi e ovviamente anche i loro doveri e il comportamento al quale devono attenersi. L’utilizzo, a tale proposito, dei social media è disciplinato nel codice nazionale in alcuni specifici articoli. Tale regolamentazione non è frutto, dunque, della politica del sindaco di Arezzo o della sottoscritta ma di una scelta nazionale valida erga omnes per i dipendenti pubblici di tutta Italia di ogni comparto. Spiace che questa forma di comunicazione sia stata giudicata così e non nel suo intento divulgativo da me citato. La newsletter, infine, non è il prodotto del dispositivo di un provvedimento e non soggiace alle forme pubblicistiche proprie degli atti amministrativi ma è uno strumento di cui si avvale l’ufficio personale”.



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