“La bufera è cessata: sento gli uccelli festeggiare, e la gallina, di nuovo sulla strada, che ripete il suo canto” (Giacomo Leopardi, La quiete dopo la tempesta, Canti, 1831).
Pur non volendo attribuire ai vari protagonisti le immagini specifiche usate dal poeta per illustrare la ripresa della normalità dopo una tempesta, il processo di preparazione e approvazione di una manovra economica di un governo può essere giustamente paragonato a una tempesta. In questi giorni mi è tornata in mente questa poesia, che sembra descrivere, in chiave allegorica, le discussioni attuali tra la maggioranza e l’opposizione (anche se il discorso sarebbe identico con i ruoli invertiti) riguardo ai miliardi di euro destinati alla sanità. Sembra quasi che Leopardi avesse previsto con la sua immaginazione artistica il momento presente (conclusa la manovra, appunto) che stiamo vivendo. Spetta a noi, i cittadini, scegliere chi guidi la nave durante la tempesta, ma, una volta scelti la nave e il capitano, dopo la tempesta ci saranno sempre uccelli a festeggiare e galline a ripetere il loro canto.
Ma lasciamo da parte le metafore e analizziamo la manovra e la sanità (lasciando agli esperti il compito di approfondire il resto del documento. A proposito, esiste un documento completo?).
In merito ai fondi destinati alla sanità, si è già osservato che: a) in termini di valori correnti, il Fondo Sanitario Nazionale del 2025 sarà il più elevato nella storia del nostro Paese, anche se è giusto notare che forse sarebbe più appropriato considerare l’inflazione, quindi ragionare in termini di valori costanti; b) in percentuale del PIL, non ho a disposizione tutti i dati dal 1978 (anno di istituzione del SSN) ad oggi, ma mi risulta che la quota del 2025 sia tra le più basse degli ultimi 20 anni; c) considerando i vincoli economici imposti dall’Europa a causa del nostro elevato debito pubblico, che limita l’aumento della spesa al 1,5%, per la sanità è previsto un incremento superiore (2,3-2,5%), giustificando così la maggiore attenzione che il governo afferma di dedicare a questo settore, tanto che il ministro Giorgetti ha commentato, scherzosamente, che il ministro della Salute Orazio Schillaci dovrebbe sentirsi soddisfatto, mentre altri ministri hanno più motivi per lamentarsi.
Ora, considerando sia la quantità che la tempistica delle risorse (alcune erogate quest’anno, altre rimandate), cosa si farà con i fondi disponibili? Probabilmente molto poco, non solo perché le risorse aggiuntive potrebbero essere considerate insufficienti, ma perché l’elenco di problemi e criticità che affliggono il SSN è così lungo e vasto che nemmeno un aumento di fondi di 10 (o forse 20) volte superiore a quello attuale (45-50 miliardi) sarebbe sufficiente, un incremento che supererebbe le nostre capacità economiche attuali. È per questo motivo che da tempo insisto sulla necessità di smettere di litigare solo per qualche miliardo in più nel SSN (che comunque sarebbe ben accetto) e di iniziare un percorso verso una riforma sostanziale del servizio sanitario.
Altre figure animate stanno proponendo lo stesso invito (anche se forse con soluzioni molto diverse in mente): non sono né uccelli né galline, ma, dato il scarso ascolto che ricevono, sono certamente mosche bianche. In questo contesto, piuttosto che citare La quiete dopo la tempesta, forse sarebbe più appropriato riferirsi a La cavalla storna di un altro poeta.
Con risorse limitate è chiaro che non si possono affrontare tutte le criticità esistenti: questa scelta sembra logica se ci si concentra prioritariamente su un unico problema, e infatti gran parte dell’aumento delle risorse sembra destinata a questioni legate al personale (nuove assunzioni, eliminazione dei tetti di spesa, incentivi e aumenti salariali), anche se a mio avviso i problemi del personale non sono solo di natura economica.
Se l’incremento principale del Fondo è destinato al personale, con una scelta che può essere condivisa se mira a risolvere un problema piuttosto che a raccogliere consensi, è altrettanto chiaro che per il resto rimarrà poco o nulla: come finanziare le misure già approvate (per ridurre i tempi di attesa, per attuare il piano per la cronicità, ecc.)? Dove trovare altre risorse per rendere operativi gli interventi previsti per l’assistenza territoriale? Come garantire la fornitura dei Livelli essenziali di assistenza in quei territori dove questa garanzia è assente? E poi: il caos nei pronto soccorso, il costo dei farmaci e degli altri prodotti farmaceutici, le difficoltà di accesso ai servizi socio-sanitari, l’assistenza quotidiana agli anziani e ai disabili, e così via.
Ora che “La tempesta è passata” con la manovra, finiamola di parlare solo di denaro (troppo poco per alcuni; ne abbiamo stanziato più di voi, per altri); rendiamoci conto che si tratta di un dibattito incompleto, senza una vera soluzione, e incline solo alla prevedibile e attesa contrapposizione politica. Iniziamo invece un percorso che, nel tempo necessario, possa portare a un serio rinnovamento dell’intero servizio sanitario.
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