La tassa sul Superbonus di una casa venduta entro dieci anni dall’intervento e con una plusvalenza ricavata grazie al nuovo valore acquisito dall’incentivo edilizio, prevede una imponibilità al 26%. Una misura fiscale mirata a scoraggiare la cessione dell’immobile al solo fine di speculare. Il Superbonus è stato introdotto per spronare i cittadini in difficoltà (ma non solo) ad attuare – a costo quasi zero – dei miglioramenti edilizi e strutturali sulle proprie unità immobiliari. Ecco perché vendere la casa dopo il Superbonus potrà costare caro. E lo stesso dicasi per gli immobili ereditati?
La tassa Superbonus su una casa oggetto dell’intervento edilizio, prevede l’imponibilità al 26% sulla plusvalenza generata (in caso di vendita entro dieci anni dall’operazione e indipendentemente dal fatto che i lavori abbiano riguardato le sole parti comuni di un edificio condominiale). Ma con la risposta numero 128 del 23 ottobre di quest’anno, 2024, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che gli immobili acquisiti con successione (dunque case ereditate) non sono soggetti alla tassazione al 26%, neanche se gli stessi vengono venduti entro dieci anni dall’intervento.
Nella circolare numero 23 dell’Agenzia delle Entrate l’ente sottolinea che anche se gli immobili fossero stati ereditati anche solo in parte, l’esclusione dell’imponibilità generata da una plusvalenza post Superbonus resta sempre e comunque valida. Dunque non è importante aver finalizzato la successione al 100% o comunque una sola parte di essa, perché in entrambi i casi è possibile abolire la tassa del Superbonus (che ricordiamo essere il 26% sulla plusvalenza ottenuta dall’operazione finanziaria).
La plusvalenza viene calcolata considerando la differenza tra il prezzo originario d’acquisto e quello di rivendita. Sulla quota che eccede il costo d’acquisto, si definisce in gergo tecnico la cosiddetta “plusvalenza”, sulla quale viene calcolata la tassa prevista dalla normativa in vigore (il 26% per l’esempio di un immobile oggetto di Superbonus).
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