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Il ministero dell’Interno ricorre contro la sentenza del tribunale di Roma sui rientri dall’Albania #finsubito prestito immediato


Il ministero dell’Interno ha dato mandato all’avvocatura dello Stato di preparare i ricorsi  contro la sentenza del Tribunale di Roma, nella sezione per i diritti della persona e immigrazione, che ha bocciato il  trattenimento dei 12 migranti in Albania, trasferiti in Italia sabato  scorso dopo la mancata convalida. Il nodo posto dal Viminale è la mancata applicazione della norma italiana sui Paesi sicuri.

“La presente controversia – scrivono gli avvocati dello Stato nel ricorso – presenta elementi di novità rispetto alla giurisprudenza in materia e, nel contempo, involge questioni di massima di particolare rilevanza e delicatezza che, a parere di questa difesa erariale, suggeriscono la rimessione della stessa alle Sezioni Unite di codesta Corte, in modo da pervenire quanto prima a una interpretazione che scongiuri l’ulteriore moltiplicarsi di un contenzioso seriale e una situazione di incertezza interpretativa tale da pregiudicare il buon funzionamento dell’attività amministrativa di governo del flusso di migranti e dell’esame delle domande di protezione internazionale”.

Cosa aveva deciso il tribunale di Roma

Il provvedimento era stato disposto per i 12 stranieri dalla questura della Capitale il 17 ottobre scorso: essi facevano parte dei 16 migranti (10 provenienti dal Bangladesh e 6 dall’Egitto), trasportati in Albania dalla nave Libra della Marina militare italiana, una traversata di Adriatico e Ionio durata due giorni ed è costata circa 20mila euro a migrante (i costi totali dell’operazione per lo Stato italiano si aggirano a quasi un miliardo in 5 anni).

Per i giudici, “il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’ impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”.

“I due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia”, era scritto nell’ordinanza del tribunale di Roma. Ieri sera il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che rende norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio. Dall’elenco di 22 Paesi che era stato aggiornato a maggio, sono stati eliminati Nigeria, Camerun e Colombia. 

L’interpello presso la Cassazione sui Paesi sicuri

I giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma avevano rivolto, oltre un mese fa, un interpello alla prima sezione civile della Cassazione, affinché si pronunci in merito alla possibilità di agire autonomamente o doversi attenere alla lista dei Pesi sicuri stilata dal ministero degli Esteri. La richiesta, di cui oggi parla il Messaggero, è avvenuta prima della sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre, per mezzo della quale la stessa sezione non ha convalidato il trattenimento dei 12 migranti. La risposta degli ermellini dovrebbe arrivare il prossimo 4 dicembre.

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Stando a quanto previsto dalla sentenza della Corte di giustizia europea richiamata dall’ordinanza (risalente allo scorso 4 ottobre), un Paese, per essere considerato sicuro, in ogni sua parte e per ogni persona, non deve mettere in atto persecuzioni, discriminazioni o torture verso alcuno, in nessuna zona o suo territorio. L’Egitto, il Bangladesh e la Tunisia, applicando i criteri della sentenza, non sono considerati sicuri. Da ciò deriva l’inapplicabilità della procedura di frontiera. Di conseguenza, prevede il Protocollo, va messo in atto il trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere ricondotte in Italia.

Degli 85 salvati il 13 ottobre da quattro barconi, solo in 16 erano stati portati sull’imbarcazione della Marina da 13 posti; altri due, essendo minorenni, erano stati rimandati indietro appena arrivati al porto di Shengjin. Il monitoraggio delle vulnerabilità ne aveva esclusi altri due. Con la decisione di oggi del Tribunale di Roma, si arriva a un altro stop nel complesso iter di applicazione dell’Accordo Italia-Albania sui migranti.

Piantedosi aveva subito annunciato una reazione: “Rispetto per i giudici ma faremo ricorso”

“Nutro profondo rispetto per i giudici, ma porteremo avanti la nostra battaglia all’interno dei meccanismi giudiziari: presenteremo ricorso fino ai massimi gradi della giurisdizione”. Aveva detto a Ventimiglia il ministro dell’Interno nel corso di una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Non si placa la polemica politica, le opposizioni chiedono a Meloni di riferire in Aula sul decreto “fantasma”

Opposizioni unite nel chiedere che la premier Giorgia Meloni riferisca al Parlamento. Prima il Pd, poi anche Avs, M5s, Piu’ Europa, Azione e Iv, hanno chiesto nell’Aula della Camera una informativa urgente della presidente del Consiglio sul protocollo Albania e sul decreto varato ieri dal Cdm sull’elenco dei Paesi sicuri.

“Chiediamo un’informativa urgente della presidente del Consiglio sul decreto licenziato ieri dal Consiglio dei ministri, un decreto fantasma che nemmeno i membri del governo hanno potuto visionare”. Così Chiara Braga, capogruppo Pd della Camera, è intervenuta nell’Aula di Montecitorio. Braga ha parlato di un “fantomatico decreto Albania” che le opposizioni si aspettavano di conoscere “nella conferenza stampa che doveva esserci oggi” e che è poi stata rinviata “forse perché non c’è ancora un testo scritto della manovra o perché il governo aveva qualche imbarazzo a rispondere sul decreto. Venga qui in Aula a dirci in cosa consiste non il modello Albania ma il fallimento del modello Albania”.

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Per il deputato Riccardo Magi, segretario di +Europa: “Ci può essere una persona che viene riconosciuta da un Paesi sicuro a cui l’asilo non è riconosciuto. E altre persone a cui l’asilo non è riconosciuto perché viene da un Paese non sicuro. Questa persone può essere trattenuta per 28 giorni per sapere se ha diritto all’asilo. Dove sono i garantisti che hanno visitato le carceri durante l’estate? Ci sono persone in carcere per aver commesso reati, altre sono in custodia cautelare. Ma in Albania saranno detenute persone che non hanno commesso alcun reato. Ci mancherebbe che la magistratura non possa vagliare questi casi”.

Sui social interviene anche il leader di Azione Carlo Calenda: “L’Albania – osserva – dice che se tu entro 28 giorni non identifichi il migrante devi riportarlo in Italia e questa è una delle ragioni che rende inutile l’accordo”.

“Quanto sta accadendo fa capire la fragilità, la ridicolaggine dell’accordo con l’Albania – sottolinea – fa capire che quando ti metti a gestire questioni complesse come se fosse un video da influencer per una campagna elettorale finisci nei casini”. “Siccome Meloni è molto furbacchiotta, altrimenti non avrebbe tutti i voti che ha, quello che sta dicendo è: ‘peccato! Funzionerebbe perfettamente se non ci fossero questi giudici comunisti’. E invece non è cosi”, conclude Calenda.

Agenzia Ue per l’asilo: “Siamo in contatto con Italia per nuove norme del Patto sull’migrazione e l’asilo”

“L’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo sta lavorando a stretto contatto con le autorità nazionali italiane, così come con le autorità competenti di tutti gli Stati membri, per aiutarle a implementare le disposizioni legali in arrivo, in modo equilibrato e nei tempi previsti”. Lo afferma la portavoce dell’Agenzia Ue per l’asilo (EUAA), Anis Cassar, interpellata sulla questione della definizione dei paesi terzi sicuri. “Nel frattempo, l’articolo 37 insieme all’allegato I dell’attuale direttiva sulle procedure di asilo, che sarà sostituito dal nuovo regolamento sulle procedure di asilo del Patto sulla migrazione e l’asilo, restano gli unici ‘orientamenti’ a cui possiamo fare riferimento”, precisa la portavoce.



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