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Macché prelievo, è un prestito: gli istituti si riprenderanno i soldi in tre anni #finsubito prestito immediato

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Il “contributo delle banche” corrisponde in realtà a deduzioni fiscali ridotte per il 2025 e il 2026 che saranno recuperate entro il 2029. E c’è il rischio, intanto, che aumentino i costi dei conti correnti

La maggioranza, e buona parte dei giornali (Repubblica: «Sì alla tassa sulle banche», Corriere: «Intesa sulle banche, contributo da 3,5 miliardi») hanno parlato apertamente di tassa sulle banche, di contributo che – dice sempre la maggioranza – tolto alle banche, sarà girato al sistema sanitario, annunciando l’intervento sulle banche che ha consentito di ampliare i limiti della Manovra 2025, approvata ieri sera, 15 ottobre, con l’ok di tutto il governo. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti ha anche detto che alle banche e agli istituti finanziari sono stati chiesti sacrifici che non è chiaro se potranno recuperare. A ben vedere, però, stando a quanto apprende Open, quello concordato con gli istituti di credito ed inserito nella prossima Manovra di bilancio non è un prelievo, né una tassa, né un contributo ma un anticipo che a tempo debito e senza aspettare neppure troppo, sarà restituito.

Di cosa parliamo

La formula concordata tra governo e Abi è quella di una mancata parziale detrazione di alcune spese, per il 2025 e il 2026 che potranno però essere recuperate nel triennio successivo, tra il 2027 e il 2029. Attualmente le banche portano in credito di imposta le Dta (Deferred Tax Assets) dentro cui negli anni via via trovavano capienza oltre all’anticipo di imposta anche gli Npl ((Non performing loans che sono i crediti deteriorati) e l’80% delle perdite pregresse. La sola modifica normativa del governo riguarda proprio le perdite pregresse, che potranno essere dedotte solo al 65%. Per il resto il contenitore di tutte queste voci, le Dta, per la norma inserita nella manovra non si trasformerà per i prossimi due anni in credito di imposta, e quindi non potrà essere compensato con le tasse pagate dalle banche. L’agevolazione è sospesa per un biennio, e le banche pagheranno il fisco più di prima. Ma le somme che compongono quella Dta resteranno tali e quali nel bilancio degli istituti di credito. Che dal 2027 torneranno a trasformarsi in crediti di imposta sommandosi a quelle eventualmente maturate nel biennio precedente. A seconda della capienza fiscale dei singoli istituti per i crediti di imposta, l’aggravio di oggi verrà recuperato dalle banche dal 2027 in poi. Secondo le prime stime in media entro il 2029 saranno tutte recuperate. La manovra nella sostanza si traduce in un prestito senza interessi chiesto al sistema bancario, che rienterà del credito comunque entro il 2029.

Il rischio di aumenti nei costi dei conti correnti

C’è poi il rischio che queste mancate deduzioni siano scaricate sui costi dei conti correnti se il governo non prevederà uno specifico divieto su questo. E’ il timore che ha già paventato Carlo Calenda e da palazzo Chigi, né da Abi, sono arrivati chiarimenti. Almeno per il momento.



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