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Le dichiarazioni di Carlos Tavares, CEO di Stellantis, dinanzi alle commissioni Attività Produttive della Camera e Industria del Senato hanno lasciato diversi strascichi polemici, visto il tenore delle risposte. Dalle opposizioni che hanno parlato di chiari segnali di disimpegno da parte del gruppo franco-italiano, al ministro Salvini che ha invitato Tavares a ‘vergognarsi e a chiedere scusa‘, fino al presidente di Confindustria Orsini che ha definito ‘una pazzia‘ la richiesta di nuovi incentivi, tutti o quasi si sono scagliati contro il manager portoghese, il cui mandato è peraltro a termine con un orizzonte che non va oltre il 2026. L’unico che per carattere e ruolo istituzionale è rimasto nei meandri della diplomazia è stato il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che ha comunque invitato Stellantis a ‘fare la sua parte‘ per garantire un livello di produzione più consono negli stabilimenti italiani.
CHE COSA HA DETTO TAVARES IN PARLAMENTO
Riferendo venerdì scorso in audizione di fronte alle commissioni parlamentari sul tema della produzione automobilistica del gruppo negli stabilimenti italiani, segnalata in picchiata, Tavares ha detto che Stellantis non ha alcuna intenzione di abbandonare l’Italia, né che qualcuno sfidi la sua leadership nel nostro Paese. Il CEO ha ricordato che sono stati assegnati nuovi prodotti a tutti gli stabilimenti italiani fino al 2030, in alcuni casi fino al 2033, ma ha lamentato “i costi troppo alti in Italia del circa il +40% rispetto a quelli sostenuti dai concorrenti, a partire dall’energia, mentre i veicoli cinesi costano il 30% in meno dei nostri“.
Nel ricordare che tutta l’industria automobilistica europea sta affrontando la transizione elettrica con costi in rialzo, su questo punto ha sottolineato che “Stellantis è pronta per l’elettrico ma chiede stabilità dei regolamenti“, oltre a “sussidi e incentivi pubblici” per competere con Pechino: “servono per dare supporto alla domanda: non chiediamo soldi per noi, chiediamo aiuto per i vostri cittadini“.
LE DURISSIME REAZIONI ALLE PAROLE DI TAVARES. PER SALVINI DOVREBBE “VERGOGNARSI”
L’audizione è stata giudicata “insoddisfacente” dal leader M5S Giuseppe Conte, secondo cui non è stato “detto nulla sul futuro dei nostri stabilimenti, nulla sugli investimenti“, e per la segretaria del PD Elly Schlein, per cui manca “un chiaro piano industriale“. Sulla stessa linea anche il leader di Azione Carlo Calenda. Perfino più duro il ministro dei Trasporti Matteo Salvini: “Il settore in crisi anche per colpa sua: Tavares dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa agli operai, agli ingegneri, ai tecnici, agli italiani e alla storia dell’auto italiana. Nuovi incentivi? Non è più in condizioni di chieder niente per come ha mal gestito e male amministrato un’azienda storica italiana“.
Più diplomatico, come dicevamo, il ministro Urso: “Dalle reazioni dei politici e dei sindacati (che hanno confermato lo sciopero del comparto automotive del 18 ottobre, ndr) credo che Tavares si sia reso conto che il sistema Paese unito, maggioranza e opposizione, sindacati e imprese, chiede alla grande multinazionale di restare in Italia e di affrontare con noi la sfida della transizione che possiamo fare meglio di altri. L’importante è che ciascuno faccia la sua parte e gli stabilimenti tornino a un livello di produzione più consono, altrimenti i costi sono più elevati“.
ORSINI (CONFINDUSTRIA): “RICHIESTA DI NUOVI INCENTIVI È PAZZIA”
Estremamente tranchant, infine, la risposta del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, alla richiesta di Tavares in merito a nuovi incentivi per sostenere l’azienda nella sfida con Pechino: “Noi abbiamo bisogno che le produzioni di auto in Italia vengano mantenute, ma chiedere ulteriori incentivi mi sembra onestamente una pazzia. Abbiamo bisogno di piani industriali seri, imprese che siano serie sul territorio e restino, ovviamente, a costruire i propri prodotti nel nostro Paese“.
In ogni caso, ricordiamolo, anche il 2025, così come gli anni successivi fino al 2030, dovrebbero contemplare una nuova dotazione di incentivi auto, già stabilita per legge. Magari, suggeriamo noi, modificando la ripartizione delle risorse, visto che quest’anno, sia con il vecchio che con il nuovo schema, non è andata così bene.
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