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I diritti sulla casa dell’ex coniuge dopo la separazione con o senza affidamento dei figli.
Immaginiamo una coppia che decide di separarsi. Se, subito dopo la separazione ma prima del divorzio, uno dei due coniugi dovesse morire, l’altro, che per legge rimane suo erede, avrebbe il diritto di continuare a vivere nell’ex casa coniugale? In altre parole, l’ex coniuge separato ha il diritto di abitazione?
La questione ha diviso, per lungo tempo, la giurisprudenza, anche all’interno della stessa Cassazione. Si è argomentato che, a seguito della separazione, venendo meno la relazione materiale tra il coniuge superstite e la dimora familiare, non esisterebbero motivi validi per concedergli il diritto di abitazione, a meno che questi non vi risiedesse già in virtù dell’assegnazione della casa coniugale decisa dal giudice al momento della separazione.
Il dibattito è infine cessato con la sentenza della Cassazione n. 22566/2023. La Corte ha decretato che il diritto di abitazione spetta anche in caso di separazione legale dei coniugi. Ma ciò solo se sussistono alcune condizioni che vedremo qui di seguito.
Quando spetta il diritto di abitazione
Il diritto di abitazione presuppone la qualità di coniuge. Detta qualità non viene meno con la separazione, ma cessa dopo la pubblicazione della sentenza di divorzio: solo quest’ultimo infatti scioglie definitivamente il vincolo coniugale.
Pertanto, il coniuge superstite separato ha diritto di abitare nell’ex casa coniugale fino alla propria morte.
Al convivente, invece, spetta il diritto di continuare ad abitare nella casa familiare per un periodo di durata pari a quella della convivenza, ma mai per meno di 2 anni e per più di 5.
Il diritto di abitazione implica anche l’uso dei beni mobili (arredi, mobilia, elettrodomestici) presenti nella casa familiare.
Sono necessari poi ulteriori chiarimenti. In particolare, il diritto di abitazione:
- spetta automaticamente a favore del coniuge superstite al momento dell’apertura della successione, in aggiunta alla sua quota di legittima. Non è quindi necessario prima fare la dichiarazione di successione o l’accettazione dell’eredità ;
- si applica solo alla dimora che era la residenza della famiglia, non anche alla seconda casa o a case vacanze;
- è valido anche in caso di rinuncia all’eredità ;
- persiste anche se il coniuge superstite non è erede dell’immobile (perché lo stesso è stato lasciato, con testamento, ad un erede specifico. Quest’ultimo dovrà pertanto rispettare il diritto di abitazione in questione);
- non si applica invece se la casa era in comproprietà tra il defunto e un terzo (ad esempio un fratello).
Lo scopo del diritto di abitazione non è la tutela patrimoniale già garantita dalla quota di eredità , quanto l’esigenza di preservare il benessere fisico e psichico del coniuge superstite, sovente anziano, che potrebbe subire un grave disagio nel cambiare abitudini di vita. A fondamento della norma vi è la volontà di assicurare il legame affettivo con la casa familiare, consentendo la continuità della vita nell’ambiente già condiviso con il coniuge defunto.
Dopo la separazione che spetta all’ex coniuge?
Ai sensi dell’art. 548 cod. civ., il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato. Egli è quindi erede legittimario come se fosse ancora regolarmente sposato.
L’uso della casa come residenza familiare non deve essere necessariamente in atto nel momento di apertura della successione, e pertanto non viene meno per il solo fatto della separazione legale. La legge, infatti, non contempla fra i presupposti per l’attribuzione del diritto di abitazione la convivenza fra coniugi, ma soltanto la sussistenza di un matrimonio che, come detto, cessa solo col divorzio.
Del resto l’art. 548 cod. civ. equipara i diritti successori del coniuge separato senza addebito a quelli del coniuge non separato.
Il diritto di abitazione spetta dopo la separazione?
Sulla base di quanto appena detto possiamo così concludere: il coniuge superstite può rivendicare il diritto di abitazione anche dopo la separazione.
Al contrario il diritto di abitazione del coniuge separato viene meno solo nei seguenti casi:
- se il coniuge superstite ha subito l’addebito: il tribunale deve cioè avergli imputato la responsabilità per la fine del matrimonio. Se però questi aveva ricevuto l’assegnazione della casa coniugale, in quanto genitore collocatario dei figli, avrà diritto a restare nella casa finché convive con loro o fino a che questi non diventano autonomi;
- se, dopo la separazione, la casa fosse stata abbandonata da entrambi i coniugi o avesse comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con la sua originaria funzione di residenza familiare.
Difatti, la Suprema Corte ha chiarito che il diritto di abitazione spetta al coniuge superstite separato, senza addebito, anche se, al momento dell’apertura della successione, non occupava più l’immobile, purché quest’ultimo non abbia perso il legame, anche solo parziale o potenziale, con la sua originaria destinazione familiare.
Le conseguenze di tali considerazioni portano a ritenere che:
- qualora all’apertura della successione la casa sia abitata da uno solo dei coniugi separati, i diritti di abitazione e uso sorgeranno anche a favore del coniuge allontanato;
- se all’apertura della successione entrambi i coniugi separati hanno abbandonato la casa, non si configurerà alcun diritto di abitazione o uso.
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