“Megalopolis” è il “sogno lungo una vita” che Francis Ford Coppola ha pensato e desiderato di realizzare fin dai tempi di “Apocalypse Now” e che l’amata Eleanor, la moglie, a cui è dedicato il film, non ha potuto vedere. L’idea è il parallelismo tra caduta dell’impero romano e declino dell’impero americano. Da una parte c’è il visionario architetto Cesar Catilina, che grazie al Megalon, materiale da costruzione ideato con l’intento (non riuscito) di salvare la moglie ma che lo ha portato a vincere il Nobel, vuole realizzare il migliore dei mondi possibili per il futuro dell’umanità. Dall’altra, il sindaco Frank Cicero(ne), ex procuratore distrettuale, uomo tutto d’un pezzo legato a valori tradizionali, che mette al centro del suo progetto la sicurezza dei cittadini e i casinò. Entrambi si contendono New Rome (la giusta crasi tra New York e Roma), dove la separazione tra patrizi e plebei è nettissima e ricchezza e lussuria si contrappongono a miseria e rabbia. Orge e incesti, padri e figlie che dialogano in latino e citano Marco Aurelio, incantatori di serpenti che parlano attraverso Shakespeare balzando da Amleto alla Tempesta con grande disinvoltura, congiure familiari in cui per il potere valori sacri vengono venduti al migliore offerente. Purtroppo, il regista si perde nel suo delirio visionario. La storia da lui tanto bramata è stata pensata in tempi in cui il “futuro” era veramente un altro. La sensazione che si avverte è che Coppola abbia voluto fermare il tempo per raccontarci non più il declino politico del Sogno americano ma la fine culturale del suo tempo e della sua Hollywood. In questi 138 minuti, lo Zio Ciccio, come vuole essere chiamato, ci dimostra che a 84 anni è ancora capace di citare tutta la storia del cinema mondiale. La sua nuvola che si trasforma in mano e cattura la luna avrebbe fatto piangere Federico Fellini, il bacio sulla trave mentre il mondo è immobile a guardare rispecchia la poetica chapliniana, omaggia Orson Welles nel discorso di nozze tra il banchiere Crassus e la giornalista arrivista Wow Platinum, cita Hitchcock e arriva persino ad autocitarsi con le ombre di Dracula e il Frankenstein di Branagh. Ma “Megalopolis” si perde dentro una sceneggiatura sconclusionata, tra kitsch e trash, e un cast sbagliato, privo di magnetismo e personalità.
“Megalopolis”, regia di Francis Ford Coppola, con Adam Driver e Giancarlo Esposito
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