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diSalvatore Mannino
Accade a Rigutino, Arezzo. Antonio Conti, 80 anni, padre di una delle vittime della strage dell’Heysel, non vuole rassegnarsi alla chiusura dell’unico mini market del Paese: «È un’attività commerciale sana, che ancora può dare da vivere a chi la gestisce»
Cede gratis il suo mini-market perchè non vuole vederlo morire e soprattutto non vuole veder morire il paese in cui vive da quando è nato. Sì, Antonio Conti, 80 anni, è una delle anime di Rigutino, la più grossa delle frazioni del comune di Arezzo, situata nella zona sud, lungo la famigerata Regionale 71 (un mattatoio), dalla quale si raggiungono Cortona, Chiusi e anche Perugia. Un borgo di circa 2.500 abitanti, al centro di una zona che comprende anche altre frazioni, per un totale di oltre 4 mila residenti, un tempo piena di negozi («Negli anni ’90 c’erano 42 attività commerciali», ricorda Conti) ma che progressivamente hanno chiuso uno dietro l’altro, schiacciati dalla concorrenza dei grandi centri commerciali, sia quelli di Arezzo, distante una dozzina di chilometri), sia della confinante Castiglion Fiorentino, quasi a un tiro di schioppo.
Ora se ne sta andando anche la banca, che era da sempre uno dei punti di riferimento del paese, travolta anch’essa dalla ristrutturazione degli istituti creditizi e dai tagli del personale.
Ma Rigutino non ci sta, e lo ha dimostrato anche l’affollata assemblea degli abitanti che si è svolta nei giorni scorsi, e non ci sta neppure Antonio Conti, che non solo è anziano ma ha anche una dolorosa storia personale alle spalle.
È il padre di Giusy Conti, alla quale è dedicato il campo sportivo del paese, e che fu una delle vittime della strage dell’Heysel, poco prima della finale di Coppa dei Campioni del 1985 fra Juventus, di cui l’intera famiglia è tifosa, e il Liverpool. Anche il padre fu coinvolto nel crollo della curva, ma riuscì a salvarsi. Quanta bastava però per prendersi una pausa giunto all’età della pensione, anche perchè nel frattempo si era ammalata la moglie Marisa, morta nel 2019, e lui aveva bisogno di starle a fianco.
«Per questo – racconta – vent’anni fa avevo dato in gestione il mio punto Crai, che il babbo aveva inaugurato nel lontano 1936 e io avevo ampliato un pezzo per volta. Poi quelli che se l’erano preso in carico hanno avuto problemi e sei mesi fa hanno deciso di chiudere. Assurdo, secondo me, quella è un’attività commerciale sana, che ancora può dare da vivere a chi la gestisce. Per questo me la sono ripresa e ora sono pronto a darla in comodato d’uso gratuito, con tutti gli arredamenti interni, 160 metri quadrati di scaffali e anche di banco frigo».
«Inizialmente – spiega ancora Conti – avevo fatto girare la voce, poi ho deciso di mettere un cartello fuori dal supermercato».
Un avviso che infatti campeggia lungo la Regionale 71 a lato della quale sorge il negozio, per ora con le serrande ancora abbassate. «Ma ho dei buoni contatti, gente che mi sta cercando e sembra animata dalle migliori intenzioni. Spero di chiudere la trattativa in tempi rapidi».
Lo scopo dell’ormai anziano commerciante è quello lasciare un market al servizio del suo paese: «Soprattutto per gli anziani come me, quelli che fanno fatica a spostarsi ad Arezzo o Castiglion Fiorentino per fare la spesa. E anche per tutti coloro che magari hanno bisogno di poche cose e pure per il pane o la pasta dovrebbero prendere la macchina. Poi, se in futuro ci saranno i margini perchè mi paghino l’affittto, vedremo. Per ora possono riaprire gratis».
Più in generale, Rigutino è una metafora vivente di quanto sta succedendo soprattutto nei piccoli paesi, progressivamente desertificati dalla concorrenza degli ipermercati e dei centri commerciali delle città più grandi. Dei 42 negozi degli anni ’90, oggi resta ben poco, se non un numero sempre maggiori di fondi vuoti che i proprietari non riescono a riaffittare: chi è che si prende l’impegno di aprire un’attività quando i margini di guadagno si assottigliano di giorno in giorno?
Ecco dunque che un borgo, forse tanti borghi, che una volta erano commercialmente indipendenti oggi sono costretti a cercare altrove anche l’indispensabile. A Rigutino non ci stanno: vogliamo vivere in maniera autonoma, è il grido di battaglia uscito dall’assemblea. Anche perchè il paese continua ad espandersi dal punto di vista abitativo. «Ma così – protestano i residenti – stiamo diventando un paese dormitorio».
E probabilmente non sono il solo.
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