Nel nuovo parco logistico dell’aeroporto di Orio in più di mille imprenditori. Beretta: «Bergamo entri nella gestione del Catullo»
Va in scena nel nuovo parco logistico dell’aeroporto di Orio al Serio la seconda puntata della liaison fra le Confindustrie di Bergamo e di Brescia inaugurata il 10 novembre del 2023 lungo l’Oglio, a Palazzolo, ultimo atto dell’anno Capitale che ha inaugurato la stagione della cooperazione fra le due città gemelle e antagoniste.
E, se Palazzolo, l’anno scorso, era stato scelto proprio per la sua posizione geografica sull’antico limes storico, sociale ed economico, ieri le due Confindustrie hanno scelto per la loro assemblea generale congiunta il simbolo dell’internazionalizzazione dei mercati, delle merci e delle persone. In tanti, 1.500 mal contati, all’interno dell’ampio Hangar che è ancora un cantiere in vista dell’appuntamento delle Olimpiadi invernali 2026, da domani dovranno fare i conti con il ritorno di The Donald alla Casa Bianca e a ciò che significherà in termini di dazi, di clima e di investimenti militari. E tutti, ieri, erano consapevoli di quanto le due economie debbano unirsi in una piattaforma industriale in grado di resistere alle spinte esogene forte del 20,6% del Pil lombardo, il 25,4% dell’export, il 30,7% del valore aggiunto manifatturiero e il 31,5% dell’occupazione manifatturiera.
Una nuova età dell’incertezza, insomma. Ed è il presidente di Confindustria Brescia, Franco Gussalli Beretta, a sottolineare per primo quanto, «più forte sarà la nostra sinergia, maggiore sarà il beneficio che il sistema produttivo italiano nel suo complesso può trarne». «Fare squadra soprattutto in un tempo complesso come quello che stiamo vivendo, caratterizzato da profonde trasformazioni e instabilità crescente — ha detto dal palco Beretta —, è cruciale per far crescere la competitività delle nostre imprese e rafforzare la capacità di conquistare nuovi mercati». Il che per il numero uno degli imprenditori bresciani, data la location, significa «anzitutto integrare l’aeroporto di Montichiari al sistema di Orio al Serio». Una richiesta, quella di Beretta, indirizzata ovviamente al gestore aeroportuale orobico, la Sacbo interessata a far crescere la propria quota di traffico merci in parallelo a quello passeggeri, ma anche al governo, facilitando l’uscita dalla compagina azionaria dei veneti di Save dal Catullo.
E, nell’età dell’incertezza, secondo Beretta le due città dovranno rispondere con le armi della formazione e dell’innovazione: «La centralità del capitale umano e dell’innovazione sono i due asset delle nostre imprese. Solo le competenze possono incrementare la competitività. Migliorarne l’attrattività è la sfida, attraverso il rafforzamento degli Its – tremila gli iscritti, troppo pochi —, ma anche studiando insieme al governo un nuovo modello di regolamentazione dei flussi migratori per superare l’inverno demografico a causa del quale, fra vent’anni, ci troveremo con centomila lavoratori in meno».
Sul capitolo innovazione è Giovanna Ricuperati, presidente di Confindustria Bergamo, a picchiare duro: «Draghi dice che la manifattura europea è bloccata in un sistema statico e ha ragione, per questo servono nuove imprese e tecnologie rivoluzionarie. Agli esseri viventi non piace l’innovazione, ma il cambiamento è l’unica risposta che abbiamo, aumentando gli investimenti in tempo e soldi. Le imprese bergamasche e bresciane fanno innovazione, ma occorre una funzione strutturale e strutturata, l’innovazione deve diventare la nostra ossessione. C’era — prosegue l’imprenditrice orobica — enorme attesa sul Piano 5.0. Purtroppo finora si è rivelato un provvedimento farraginoso e difficile da leggere: il rischio è che i 6 miliardi messi a disposizione rimangano sul tavolo come il rischio è che i 187 miliardi del Pnrr non abbiano le ricadute sperate. Quando non funziona il meccanismo di trasferimento dei fondi pubblici ci perdono tutti perché generiamo debito senza vedere risultati concreti».
Infine il passaggio forse più importante, quello delle politiche economiche che, secondo Beretta, oggi non possono che essere europee: «Dobbiamo lavorare di più con l’Europa e all’Europa chiediamo una nuova politica commerciale estera per proteggere le nostre catene di fornitura. Corretto lo sforzo sulla decarbonizzazione, ma senza competitività rischiamo di uscire al mercato. Per questo la nostra richiesta è di rivedere le normative tenendo come faro la logica della neutralità tecnologica contro decisioni ideologiche oggi francamente anacronistiche. Il mercato ce lo chiede».
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