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Canapa della discordia, le imprese agricole contro il ddl sicurezza #finsubito prestito immediato


Tra i tanti tintinnar di manette e colpi di mano contenuti nel ddl Sicurezza, che corre senza scossoni verso l’approvazione definitiva al Senato (oggi scadono i termini per la presentazione degli emendamenti nelle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia), ce n’è uno in particolare che sta facendo davvero arrabbiare molti imprenditori. E questo, per un governo come quello Meloni, è un problema molto più spinoso dell’«incostituzionalità», dell’«inutilità» e della «violazione dello Stato di diritto» denunciati da tanti e ancora ieri dai Garanti territoriali dei detenuti e dall’Unione delle camere penali italiane. Si tratta delle imprese del comparto agricolo, strette tra una legge di Bilancio «farlocca», secondo il giudizio del capogruppo Pd in commissione Agricoltura Stefano Vaccari, e l’articolo 18 del pacchetto Sicurezza che, vietando «importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa», di fatto rende impossibile coltivare e commercializzare anche la canapa a uso industriale, quella che si usa per i tessuti o nell’edilizia, per intenderci.

PERFINO LA COLDIRETTI, che fin dai tempi del governo Conte avrebbe voluto una legge ad hoc per distinguere la commercializzazione della cannabis light a uso ricreativo dal comparto industriale della canapa, considera il ddl Sicurezza «esiziale per le imprese del settore che si sono sviluppate dopo la legge del 2016 in tutto il Paese e in particolare in Liguria, Toscana, Umbria, Puglia e Campania», come riferisce al manifesto Stefano Masini, responsabile ambiente della Coldiretti. Impossibile distinguere, infatti, le infiorescenze dal resto della pianta. «E d’altronde – aggiunge Masini – la stessa Unione europea prevede un incentivo per la coltivazione della canapa, motivo per il quale qualsiasi autorità amministrativa o giudiziale dovrà poi disapplicare un atto non conforme al diritto Ue». Da parte del governo però «non abbiamo trovato ascolto», conclude l’esponente della Coldiretti.

DICE VACCARI: «La grande attenzione che Meloni e Lollobrigida avevano palesato sul comparto agricolo si è sciolta come neve al sole e nulla è rimasto degli impegni propagandisticamente presi». Il deputato dem, che insieme al collega Matteo Mauri ha organizzato alla Camera un incontro con le associazioni e le imprese del settore, spiega che la manovra di bilancio «non serve al Paese e tanto meno agli imprenditori agricoli», perché «non si pone il problema del sostegno ai giovani per favorire il ricambio generazionale» e non affronta le emergenze, dalla siccità alla peste suina. D’altronde, che il ministro Lollobrigida sia «il grande assente» perfino nel dibattito sulla cannabis sativa, come se la cosa non riguardasse il suo settore, non è sfuggito ai senatori dell’opposizione che oggi depositeranno centinaia di emendamenti per correggere il ddl che introduce nel codice penale più di venti tra nuovi reati e circostanze aggravanti.

MA SE, COME DENUNCIA il senatore Iv della commissione Giustizia Scalfarotto, «c’è una pressione su di noi che non trova giustificazione», o se, come rivela il senatore Cataldi del M5S, nella discussione generale «i parlamentari sono costretti a discutere questioni che toccano la vita delle persone, i diritti fondamentali, la tenuta stessa dello Stato di diritto, in uno spazio di tempo compresso e normalmente sufficiente per uno solo degli argomenti che si intendono affrontare», a conti fatti «poco più di 42 secondi per ogni questione», sembra evidente che le possibilità di correggere il testo al Senato rinviando quindi il ddl alla Camera per una seconda lettura, si avvicinano allo zero.

Motivo per il quale eventualmente Vaccari e Mauri stanno studiano la possibilità di intervenire con una norma correttiva sul Collegato agricolo della legge di Bilancio o al limite tentare di rinviare l’entrata in vigore della norma attraverso il Milleproroghe. Entrambe le soluzioni non sono proprio a portata di mano: nel primo caso occorre un appiglio economico, aggirabile per esempio con l’istituzione di un qualche tavolo di studio sull’argomento. Nel secondo caso, ammesso che abbia senso un rinvio, c’è una questione di timing: l’operazione sarebbe impossibile a legge pubblicata sulla Gazzetta ufficiale.

«SE VOGLIONO, un modo lo trovano»: ne sono convinti dalle parti dell’opposizione. Soprattutto, spiegano, se lo vuole il sottosegretario Mantovano, accanimento ideologico permettendo.

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