Marcia da Canal San Bovo fino al capoluogo veneto dove a Palazzo Balbi, sede della Regione guidata da Zaia, verranno depositate le 10mila firme raccolte contro l’opera
In marcia da Canal San Bovo, in Trentino, — più precisamente, dalla strada della Cortella — a Lamon, nel Bellunese, contro la diga del Vanoi. Sei ore — a piedi, striscione e zaino in spalla — tra i borghi e i sentieri della Valle del Vanoi, la prima delle otto tappe della protesta itinerante «In Cammino per l’Acqua» degli attivisti di Equistiamo. Ben 200 chilometri lungo i tre corsi d’acqua interessati dal progetto del Consorzio di Bonifica Brenta (i torrenti Vanoi e Cismon e il fiume Brenta) fino a Venezia, dove a Palazzo Balbi, sede della Regione, verranno depositate le diecimila firme raccolte negli ultimi tre mesi contro il bacino idrico.
La manifestazione
«La partenza, poco dopo le 7.30, in Val Cortella, punto in cui, stando al progetto della diga, si trova l’invaso», spiega Angelo Orsingher, già sindaco di Canal San Bovo, tra gli organizzatori della marcia. Già 80 le adesioni raccolte finora, 30 i manifestanti che hanno partecipato alla tappa di ieri mattina. «Camminando lungo il tracciato dei torrenti fino a Venezia, incontreremo le varie comunità del territorio, un’alleanza di sostegno a più voci che unisce simbolicamente montagna e pianura». Una protesta corale dal forte impatto emozionale volta a sensibilizzare cittadini, opinione pubblica e istituzioni ai rischi che comporterebbe la realizzazione della diga, un’opera ingegneristica dal forte impatto ambientale capace di contenere oltre 30 milioni di metri cubi d’acqua per un costo complessivo che va dai 150 ai 270 milioni di euro. Otto giorni di cammino, fino al 6 novembre, giorno di chiusura delle osservazioni. «Un progetto scandaloso e offensivo; l’agricoltura di pianura ha altri modi per affrontare le crisi idriche, mettendo in atto modelli alternativi più efficienti», la critica arrivata da Mountain Wilderness, tra le promotrici della manifestazione per il «No alla diga» dello scorso 5 ottobre a Lamon. Molte voci, dunque, ma un unico obiettivo: la salvaguardia della Valle. «Dopo la Cortella, siamo andati in località Pian de Mottes — spiega ancora Orsingher — una zona che nelle indicazioni progettuali è prevista come soluzione C, la più fattibile tra le quattro proposte per la diga». Come a dire, un’altra soluzione è possibile. Oggi la seconda tappa, fino a Cismon.
Turismo, pesca e gestione dell’acqua
Nel frattempo, anche le principali associazioni dei pescatori trentini e bellunesi prendono posizione contro l’invaso. Le preoccupazioni riguardano soprattutto i possibili danni ambientali ed economici: «La costruzione del serbatoio stravolgerà per sempre il Vanoi, causando un danno anche al turismo». Inoltre, per i pescatori non vanno sottovalutati i rischi idrogeologici connessi all’opera. «La costruzione della diga rappresenterebbe un danno per la fauna ittica, specialmente per quella tipica delle acque salmonicole», spiega Stefano Martini, presidente dell’Unione pescatori trentini. «La trota marmorata, il gambero di fiume e tutte le altre specie ittiche, necessitano di torrenti e fiumi a corso libero. Quello del Vanoi è l’ultimo torrente del bacino del Cismon privo di sbarramenti». Secondo i pescatori sarebbe meglio investire in maniera strategica su piani di ricarica artificiale della falda, incrementando le aree forestali di infiltrazione, e dedicando più risorse sia al «Piano laghetti», sia a interventi di allargamento e rialzo della quota del Brenta. «Un altro aspetto su cui intervenire — concludono le associazioni dei pescatori — riguarda la pianificazione della gestione dell’acqua, perché non è possibile pensare a un progetto come la diga senza avere un piano di gestione della risorsa idrica che preveda un efficientamento dei sistemi di irrigazione e, se necessario, anche una rivalutazione delle tipologie di colture».
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