Banca Progetto sottoposta ad amministrazione giudiziaria dalla Guardia di Finanza su delega del Tribunale di Milano – Sezione Autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale, per i rapporti con alcuni soggetti legati alla ‘ndrangheta. In particolare, le indagini del pm della Dda Paolo Storari avrebbero svelato come diverse società, indirettamente gestite da persone vicine alla “locale” di Legnano/Lonate Pozzolo, hanno beneficiato negli anni di finanziamenti erogati dalla banca con assistenza di garanzie statali previste dal Fondo Centrale di Garanzia a favore delle Pmi e del Mediocredito Centrale, accedendo così agli aiuti di Stato a sostegno dell’economia durante l’emergenza del Covid-19.
Le criticità operative dell’istituto di credito
Dalle indagini sono emerse – si legge in una nota – “diverse criticità sull’operatività dell’istituto di credito, con riguardo ai pericoli di permeabilità dello stesso in relazione ai rapporti con soggetti indagati per gravi delitti o destinatari di misure di prevenzione personali/patrimoniali”.
L’analisi dei fascicoli bancari ha consentito di appurare come “l’intermediario, spesso eludendo i principi della normativa antiriciclaggio, ha erogato finanziamenti assistiti da garanzia statale in favore di società pienamente inserite all’interno di dinamiche criminali, in quanto oggetto della contestazione del delitto di trasferimento fraudolento di valori, in alcuni casi commessi con l’aggravante del metodo mafioso, consistito nell’agevolazione della locale di ‘ndrangheta di Legnano/Lonate Pozzolo (Varese)“.
Modus operandi opaco
Dall’indagine della Dda emerge un modus operandi di Banca Progetto “opaco e discutibile che di fatto ha integralmente trasferito il rischio di insolvenza, in concreto verificatosi, sullo Stato, atteso che per la pressoché totalità dei finanziamenti scrutinati è stata attivata la garanzia del Fondo Mediocredito Centrale, con ciò determinando il paradosso che il denaro confluito nelle casse della consorteria criminale risulta di provenienza statale”. Lo evidenzia il Tribunale di Milano nel decreto di amministrazione giudiziaria della durata di un anno, emesso nei confronti dell’istituto di credito per i suoi rapporti con due imprenditori vicini alla ‘ndrangheta.
“Il meccanismo è stato colposamente alimentato – sottolineano le giudici Pendino-Cucciniello-Profeta – dall’istituto di credito che non ha adeguatamente verificato le credenziali dei richiedenti il prestito tanto sotto il profilo della reale capacità imprenditoriale delle società (nemmeno vi era coincidenza tra quanto dichiarato e quanto rilevato in occasione dei sopralluoghi di cui si dà conto) che dei singoli soggetti”.
Fonte: AGI
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