TRIESTE – Una madre di un bimbo di quasi tre anni viene sfrattata dalla casa coniugale, di proprietà dell’ex marito, e viene temporaneamente ospitata dal proprio avvocato. Il Tribunale per i Minori aveva infatti disposto oltre un anno fa l’allontanamento della donna dalla suddetta casa e collocato il figlio presso il padre, trasferitosi temporaneamente con i genitori in un altro comune. Ora il padre, difeso dall’avvocato Simona Stefanutto del foro di Udine, potrà tornare con il figlio nella casa di sua proprietà, mentre per la donna, attualmente senza casa e senza lavoro, è stata rigettata la richiesta di una casa Ater. Ancora travagliate storie familiari, che finiscono per richiedere l’intervento dei tribunali e degli assistenti sociali. Una storia complessa e piena di sfumature, che richiedono una ricostruzione dal principio.
La lite furiosa
La vicenda giudiziaria ha inizio circa due anni fa con il deterioramento della relazione dei due, fino a che non sono iniziate le liti. In una situazione la donna ferisce l’uomo a un labbro (asserendo di essersi difesa a sua volta da un’aggressione del partner), fatto che viene refertato dai medici del pronto soccorso. Entrambi, anche in seguito, depositeranno davanti al giudice reciproche accuse di violenza. Il padre, dopo l’episodio, adisce le vie legali e interviene il tribunale dei minori di Trieste, che dispone il collocamento di madre e figlio (all’epoca aveva un anno circa) in una comunità, per finalità di controllo. Non essendoci posti disponibili per entrambi in una struttura, il Tribunale, al fine di collocare il solo minore in una comunità, revoca il precedente provvedimento e dispone il collocamento prevalente del bambino con il padre, che lo porta a casa dei propri genitori in un altro comune, lasciando la donna (che, stando a quanto si apprende, stava ancora allattando il bambino), nell’abitazione coniugale. Iniziano così le visite presenziate tra madre e figlio. Il tribunale dei minori, dopo un anno di istruttoria, rileva che entrambi i genitori, presi singolarmente, hanno un comportamento adeguato con il bambino, ma il loro rapporto è estremamente conflittuale.
La separazione
I due decidono così di separarsi formalmente e, nel gennaio del 2024, si apre il procedimento al Tribunale di Gorizia, dove il giudice dà nei provvedimenti provvisori l’affidamento esclusivo al padre, diminuisce le visite, così come già ampliate dai Servizi Sociali, del piccolo con la madre e assegna la casa all’uomo, con obbligo di allontanamento per la donna. Il decreto viene impugnato in Corte d’Appello dal legale della signora, Giovanna Augusta de’Manzano, il Collegio in agosto accoglie l’istanza e sospende, in via provvisoria, l’affidamento esclusivo al padre, disciplinando il diritto di visita alla madre. Il 16 ottobre scatta lo sfratto con carabinieri, fabbro e ambulanza, prima dell’udienza in appello, fissata per il 22 ottobre. In questa occasione la Corte d’Appello di Trieste si è riservata di decidere e si pronuncerà nei prossimi giorni. Intanto la donna, che in Russia lavorava come manager, è ora senza lavoro ed è ospitata a casa del proprio difensore.
“La legalità non è questione di genere”, commenta l’’avvocato del padre, Simona Stefanutto, che rimarca come il primo provvedimento del tribunale sia arrivato in seguito a “evidenze documentali e testimoniali di violenza sul marito”, ma l’ordine di allontanamento “non è mai stato rispettato”, e questo “nonostante i servizi sociali, da un anno e mezzo, le propongano un alloggio sostitutivo emergenziale (circostanza che la controparte sostiene non essere vera, ndr)”. L’avvocato rimarca inoltre che “quattro diverse pronunce tra Tribunale dei minori, Tribunale ordinario e Corte d’Appello, dicono che questa signora deve uscire dalla casa”.
Così l’avvocato de’ Manzano: “Lasciare in uno stato di così disperata fragilità una madre, che non ha possibilità ora di avere un alloggio idoneo e che non presenta alcuna criticità genitoriale, è una decisione che non traumatizza solo il minore, che ha perso -per la seconda volta- la sua quotidiana interazione con la genitrice in ambienti a lui noti e sicuri, ma lede anche i principi giuridici fondamentali nazionali e sovra- nazionali che tutelano l’infanzia. Prendo quindi personalmente le distanze – e il mio gesto ne è la prova- da quella decisione che spetterà ora alla nostra Corte d’Appello, sempre attenta ed equilibrata in tema di diritto di famiglia, rivalutare”.
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