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Il decreto legislativo 13 settembre 2024, n.136 – “Disposizioni integrative e correttive al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo del 12 gennaio 2019, n.14” -, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 27 settembre scorso, contiene diverse modifiche del testo previgente, fra le quali qui si considerano quelle riguardanti gli articoli 189 e 190 del Codice.
Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: tutte le novità del terzo decreto correttivo
I predetti articoli si collocano nella Sezione del Codice che tratta degli “Effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti giuridici pendenti”.
L’art. 189, che nell’abito della disciplina della liquidazione giudiziale presenta un notevole rilievo trattando, in particolare, degli effetti della liquidazione sui “Rapporti di lavoro subordinato”.
Ebbene, tale articolo non viene stravolto nella sua portata generale, risultando interessato esclusivamente da alcune modifiche ad opera dell’art. 32 del decreto correttivo:
a)è cancellato il periodo iniziale del comma 1 (“L’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento”). Si tratta di una cancellatura che non incide sul principio generale a cui resta ispirato l’art. 189: la sentenza dichiarativa della liquidazione comporta, di per sé, la sospensione e non l’estinzione dei rapporti di lavoro già in atto, come conferma l’attuale primo periodo del comma 1 (in precedenza era il secondo), ferma restando l’alternativa offerta al curatore: subentrare nei relativi rapporti ovvero recedere;
b)è ugualmente confermata la sostanza del secondo comma dell’art. 189: l’eventuale recesso del curatore dai rapporti di lavoro sospesi ha effetto dalla data di apertura della liquidazione (sul presupposto di tale licenziamento, v. lett. d); il subentro del curatore nei rapporti di lavoro sospesi decorre dal momento della comunicazione ai lavoratori. La novità consiste in un’ulteriore cancellazione: non viene più previsto l’onere del curatore di trasmettere all’Ispettorato territoriale del lavoro, entro trenta giorni dalla nomina, l’elenco dei dipendenti dell’impresa in forza al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale;
c)al terzo comma dell’art. 189 viene aggiunto un ultimo periodo: in caso di cessazione dei rapporti di lavoro sospesi, i lavoratori non sono tenuti a restituire quanto abbiano eventualmente acquisito, a titolo assistenziale o previdenziale, durate il periodi di sospensione dei rapporti stessi. Del medesimo comma resta, invece, fermo il principio secondo cui: in assenza del recesso, “in ogni caso… decorso il termine di quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro, i rapporti di lavoro subordinato in essere cessano con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale…”;
d) il comma 4 viene ritoccato in più punti. E ora, insieme ai quanto prevede il comma 3, può essere così riassunto: quando non è disposta né autorizzata la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa e non è possibile il trasferimento di azienda o di un suo ramo, il curatore comunica per iscritto il recesso dai rapporti di lavoro; qualora entro 4 mesi dalla apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro (nemmeno i licenziamenti), i rapporti di lavoro subordinato comunque cessano con decorrenza dalla data di apertura della procedura; il termine di quattro mesi è prorogato fino a 8 messi dal giudice delegato a seguito di una richiesta avanzata dal curatore sussistendo elementi concreti per l’autorizzazione dell’esercizio dell’impresa o per il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo; una analoga istanza può essere presentata, alle stesse condizioni, anche da singoli lavoratori; esauritosi il termine prorogato senza che il curatore abbia comunicato il subentro, ugualmente interviene la cassazione dei rapporti di lavoro.
L’art. 190, intitolato a “Trattamento NASpi”, è rimasto fermo nel principio già affermato: l’estinzione dei rapporti di lavoro sospesi a seguito dell’apertura della procedura di liquidazione, a causa del recesso disposto dal curatore o della risoluzione automatica conseguente all’inerzia del curatore (che, in ipotesi, non recede e non subentra nel termine previsto) comporta il diritto alla NASpi sempre che ricorrano i requisiti di cui al D.Lgs. n. 22/2015 (il Decreto che ha istituito e regola la NASpi).
Il decreto correttivo ha aggiunto all’art. 190 un comma 1-bis: “I termini per la presentazione della domanda di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 22 del 2015 decorrono dalla comunicazione della cessazione da parte del curatore o delle dimissioni del lavoratore”.
Il nuovo comma dimentica l’ulteriore ipotesi di estinzione del rapporto di lavoro, individuabile nell’art. 189 e anche nel comma 1 dello stesso art.190: quella della risoluzione automatica del rapporto di lavoro a seguito della inerzia del curatore. Con quale effetto? Si tende ad escludere che dal nuovo comma derivi l’esclusione della NASpi nei casi di cessazione conseguente all’inerzia del curatore.
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