Mentre il governo le prova tutte per cercare di impedire alle navi delle Ong di solcare il mare, Mediterranea Saving Humans passa al contrattato. Ieri sono stati depositati due ricorsi che contestano i provvedimenti adottati contro l’unica nave battente bandiera italiana della flotta civile di soccorso nel Mediterraneo centrale.
In quello presentato al tribunale civile di Agrigento contro i ministeri dei trasporti, dell’interno e dell’economia si chiede l’annullamento dei verbali con cui il 15 ottobre scorso è stato disposto il fermo amministrativo per 20 giorni della nave. La sanzione è arrivata dopo che la Mare Jonio aveva soccorso in acque internazionali zona Sar di competenza tunisina 58 persone, sbarcate poi in sicurezza a Porto Empedocle.
L’altro, rivolto al Tar del Lazio, chiede l’annullamento di tutti i provvedimenti che hanno giustificato, in maniera strumentale e pretestuosa, il diniego da parte delle autorità marittima della certificazione della Mare Jonio come «nave da soccorso» e l’ordine illegittimo di sbarcare le «attrezzature di salvataggio», nonostante la nave sia invece certificata per l’attività Sar di ricerca e soccorso in mare dall’ente tecnico competente, cioè il Registro navale italiano.
«Per la prima volta solleviamo la questione di costituzionalità del Decreto Piantedosi – dice Laura Marmorale, presidente di Mediterranea – non solo è paradossale e inaccettabile affermare che il soccorso di vite in pericolo in mare debba essere preventivamente ‘autorizzato’ dallo Stato di bandiera della nave, ma in questa continua persecuzione amministrativa contro la nostra nave i nostri legali ravvisano un attacco ai diritti costituzionali e alla nostra attività umanitaria». Questo attacco, sostengono da Mediterranea, «è parte della più generale offensiva del governo contro le libertà personali e collettive, come purtroppo testimoniato dai recenti decreti su sicurezza e flussi e dal tentativo di riproporre le deportazioni dal mare in Albania».
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