Sei capoluoghi veneti tra i 10 più inquinati d’Italia. Legambiente incalza: «Ci vuole anche maggiore controllo del riscaldamento domestico»
L’aria nei capoluoghi veneti continua ad essere irrespirabile a causa dell’alta concentrazione di polveri sottili. Sei su sette sono infatti nella top ten delle città più inquinate d’Italia. La peggiore del Veneto? Treviso, nell’ultimo report di Legambiente, terza tra le 18 città italiane che nel 2023 hanno sforato i 35 giorni massimi acconsentiti, con 66 giornate nere sul fronte dell’inquinamento dell’aria, registrando una concentrazione media giornaliera di Pm 10 superiore a 50 microgrammi per metro cubo. In testa alla classifica delle città fuorilegge Frosinone, con 70 giorni, seguita da Torino con 66 giorni. Al quinto posto ancora il Veneto: Padova (zona Arcella) e Venezia Mestre (via Beccaria) con 62 di giorni superamento del limite giornaliero. Sopra i 50 giorni, Rovigo (centro), Verona (Borgo Milano) e Vicenza (Ferrovieri) con, rispettivamente, 55 e 53 giorni.ù
Le deroghe
«La sfida della qualità dell’aria richiede un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti», ha sottolineato a Venezia il presidente di Legambiente Veneto, Luigi Lazzaro, in occasione del terzo summit «Aria Pulita per il Veneto», promosso in collaborazione con la Regione e l’Arpav. Focus sulle azioni dei Comuni: «Occorre evitare deroghe su blocchi del traffico ed eventi che producono emissioni inquinanti (come i Panevin, ndr). Deroghe che possano giustificare ritardi nel raggiungimento degli obiettivi. Ci vuole anche maggiore controllo del riscaldamento domestico ed è necessario intensificare i controlli in agricoltura, un settore troppo spesso sottovalutato ma che è responsabile di enormi emissioni causate, in particolare, dalle attività intensive di coltivazione e zootecniche, e da roghi fuori controllo dei residui agricoli».
La Regione, nel recente Piano di risanamento ambientale, illustrato da Paolo Giandon, a capo della direzione Ambiente, ha inasprito i divieti di combustione all’aperto di residui agricoli e forestali in determinati periodi dell’anno con l’incentivazione al loro reimpiego e la promozione di pratiche di interramento immediato dei concimi azotati, al fine di ridurre l’emissione di ammoniaca in atmosfera. Previsti, inoltre, l’implementazione del catasto regionale degli impianti termici, il ricorso a fonti rinnovabili diverse dalla biomassa in nuovi edifici e ristrutturazioni, oltre all’introduzione di un contributo a copertura delle spese relative agli accertamenti sugli impianti termici da parte delle autorità competenti. Importante anche la realizzazione del progetto Move (ossia il monitoraggio dei veicoli inquinanti a cui hanno aderito i capoluoghi veneti eccetto Vicenza) e la possibilità, prevista nel Piano ma ancora non attuata, di introdurre limitazioni della velocità su strade extraurbane e autostrade che attraversano o lambiscono i centri abitati. Secondo il report «Aria pulita per il Veneto» stilato da Legambiente e Regione sulla base dei provvedimenti presi dai Comuni sopra ai 30 mila abitanti (al sondaggio non hanno però aderito i Comuni di Chioggia, Mira, Montebelluna e Villafranca Padovana) nessun Comune veneto ha inserito regolamenti edilizi con il divieto di installazioni di caminetti aperti nelle nuove costruzioni. Meglio, invece, per i punti pubblici di ricarica delle auto elettriche. Qui la città più virtuosa risulta Venezia dove le colonnine dal 2023 al 2024 sono passate da 156 a 196. Seguono Verona con 113 punti di ricarica e Treviso con 102. Sul fronte invece delle piste ciclabili il podio Veneto se lo aggiudica San Donà di Piave, con 1,36 metri di pista ciclabile per abitante, seguita da Schio: 1,08 metri per abitante. Valori leggermente inferiori per Padova e Treviso (0,97 metri per abitante), ultima, invece, Verona con solo 0,44 metri di percorsi per le due ruote.
Il ruolo dello Stato
Tra le politiche virtuose adottate dagli enti spiccano la città del Santo e Rovigo con l’attivazione dello smart working per i dipendenti in caso di allerta rossa. Dal report è però emerso che i piccoli Comuni sono spesso i più restii ad mettere in atto le azioni pro ambiente. «I sindaci – è intervenuto il presidente dell’Anci Mario Conte – non devono più essere visti solo come esecutori finali delle ordinanze di limitazione ma come alleati per una migliore pianificazione delle azioni strutturali e non solo emergenziali». Secondo l’assessore all’Ambiente della Regione, Gianpaolo Bottacin, «lo Stato deve giocare un ruolo da protagonista intervenendo con politiche più incisive a sostegno delle regioni e dei comuni». Ovvero, servono più risorse da Roma.
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