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«Papà ha ucciso tutti» La Nuova Sardegna #finsubito richiedi mutuo fino 100% #finsubito richiedi prestito immediato

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Nuoro «Papà ha ucciso tutta la famiglia», è riuscito a dire aprendo la porta ai carabinieri e alla polizia dopo aver trascorso, sotto choc, diversi minuti da solo, fingendosi senza vita, dentro l’appartamento di via Ichnusa. Dove la morte era appena passata e aveva travolto tutti. E qualche decina di minuti dopo, prima di cadere in confusione, e tra le braccia amorevoli dei medici del San Francesco – che lo dovevano operare al volto colpito di striscio dal proiettile sparato dal padre – lo studente di 14 anni è riuscito comunque a comunicare qualcos’altro.

«Ho finto di essere morto» E agli inquirenti lo ha fatto sapere che lui era ancora nel tepore del suo letto, quando ha sentito il primo, terribile, fragore da una stanza vicina. E da lì il suo alzarsi a fatica, con il pigiama addosso, interrotto dall’ingresso del genitore nella stanza. Poi lo sparo, il dolore, il buio, la confusione. Eppure, in quel marasma di immagini che a poco a poco si fanno sfumate, il giovane studente evidentemente è riuscito ad attaccarsi in modo tenace alla vita. E agli investigatori che con molta delicatezza cercavano di capire cosa avesse visto e sentito tra la stanze di via Ichnusa, alla fine è riuscito anche ad aggiungere «Ho fatto finta di essere morto». Per poi rialzarsi dopo alcuni interminabili minuti e aprire la porta agli investigatori, allertati dai vicini di casa. «Sono morti tutti – ha detto loro –, papà ha ucciso tutta la famiglia». Poche parole per riassumere l’orrore.

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Le indagini E così, a diverse ore dalla strage con due scenari diversi, e in attesa delle autopsie che si terranno domani a Cagliari nella sala settoria dell’ospedale Brotzu dal medico legale Roberto Demontis e dalla sua squadra di allievi, il giorno dopo la tragedia le indagini dei carabinieri e della polizia, coordinate dalla Procura, dai luoghi delle morti si spostano, invece, tra le stanze e i corridoi dell’ospedale San Francesco. Perché è lì che restano ricoverati, ma ormai considerati fuori pericolo, sia il secondo dei figli di Giusi Massetti e Roberto Gleboni, sia la nonna di quest’ultimo, nonché madre dell’omicida, Maria Riccardi, di 84 anni. Pure lei resta sotto stretta osservazione, in terapia intensiva, ma ormai non è più considerata in pericolo di vita: per sua fortuna il figlio con la pistola non era riuscito a lesionarle punti vitali, ma il proiettile che l’aveva raggiunta, dopo averle perforato una guancia, era uscito dalla bocca. E anche il giovane di 14 anni, pure lui considerato fuori pericolo, era stato colpito di striscio alla guancia: i medici lo hanno dovuto operare per una lesione facciale. Il proiettile, seppur di striscio, lo aveva ferito al naso e in diversi altri punti. Mentre per Giusi Massetti, la moglie dell’omicida, per la figlia più grande, Martina, e per il bambino più piccolo, Francesco, di 10 anni, purtroppo non c’è stato nulla da fare. Seppur in tempi diversi, sono morti per le ferite provocate dagli spari. E allo stesso terribile destino, purtroppo, è andato incontro anche il vicino di casa Paolo Sanna.

I superstiti E così, sono proprio loro, i due unici superstiti, nonna Maria e il nipote, i principali testimoni di una strage che nessuno avrebbe mai potuto nemmeno immaginare, se non nelle scene di qualche film horror. Sono loro gli unici due spettatori coinvolti in quei momenti terribili, che possono raccontare ciò che veramente è accaduto, intorno alle 7 del mattino di mercoledì. Prima in via Ichnusa e poi, dopo forse neppure un quarto d’ora, in un appartamento al terzo piano di una palazzina popolare di via Gonario Pinna.

E da loro gli inquirenti sperano di ottenere qualche contributo utile soprattutto a ricostruire il movente che l’altra mattina ha mosso la mano di Roberto Gleboni. Perché sinora, su questo fronte, è davvero difficile anche solo tentare di imboccare una strada investigativa. La stragrande maggioranza degli amici e conoscenti della coppia li descrivono come due sposi uniti, innamorati e felici. Questo, almeno, in apparenza.

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Le piste Ma agli inquirenti, dopo aver sentito diversi testimoni, compresi quelli non ufficiali, è arrivata pure voce di qualche screzio: c’è chi dice che Giusi Massetti a qualche amica avesse rivelato che lui stesse bevendo, e che il matrimonio non fosse più felice come un tempo. E tra tante possibili piste, spunta pure quella di un debito di Gleboni che forse lo stava tormentando, e che potrebbe essere stato al centro di un litigio o di dissapori anche all’interno del nucleo familiare. Ma si tratta solo di voci finora senza riscontri concreti e che in ogni caso, non possono spiegare l’origine di tutto.

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Le autopsie Qualche indicazione in più, tuttavia, potrebbe arrivare dall’autopsia sul corpo di Gleboni che, insieme a quella delle quattro sue vittime, sarà eseguita domani a Cagliari, si potrà accertare, ad esempio, se l’operaio forestale al momento degli spari fosse sotto l’effetto di droghe o psicofarmaci. Anche se gli inquirenti per ora sembrano escluderlo.

Tra gli altri accertamenti che verranno eseguiti in queste ore c’è la perizia sulla pistola Beretta 7.65 utilizzata da Gleboni.

 

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