Le opportunità di finanziamento delle comunità energetiche sono di crescente interesse per molti soggetti che intendono svilupparle e realizzare impianti. Occorre comprendere come muoversi, ricordando sempre che sono realtà nate formalmente da pochi mesi.
Lo ha ricordato Andrea Brumgnach, vicepresidente Italia Solare e coordinatore del gruppo di lavoro CER e autoconsumo diffuso, in occasione di “Solar Finance”, evento dedicato a illustrare le modalità di finanziare i progetti fotovoltaici.
«Le comunità energetiche rinnovabili sono nuove: i portali sono stati aperti ufficialmente dal GSE lo scorso 8 aprile. Come tutti i meccanismi nuovi e complessi, esistono elementi che bisogna comprendere bene per svilupparli adeguatamente. Pensiamo, per esempio, al soggetto giuridico», riferendosi all’obbligo normativo prescritto per le CER di assumere la natura di soggetto giuridico autonomo rispetto ai partecipanti alla stessa e così possa esercitare diritti ed essere soggetto a obblighi.
Finanziamento delle comunità energetiche: l’ipotesi delle società benefit
In questa fase di mercato, come si caratterizza il finanziamento delle comunità energetiche?
Giovannella Condò, fondatrice di Milano Notai, ha ricordato, a questo proposito, che le CER non hanno l’obiettivo di realizzare profitti finanziari.
Lo ha sottolineato, tra l’altro, lo scorso luglio l’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 37, scrivendo che:
“l’attività di condivisione e i relativi scambi economici fra la CER e gli utenti che la rendono possibile non costituiscono un profitto finanziario, ma l’esercizio dell’attività di interesse generale di condivisione”.
Una possibilità aperta può essere la società benefit, forma giuridica d’impresa che integra nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, anche precise finalità di beneficio comune. Questa forma sarebbe l’ideale per aprire al finanziamento delle CER. La società benefit «è una società di capitali e come tale potrebbe essere finanziata e potrebbe prestare garanzie».
Le dimensioni delle CER contano
Il GSE ha pubblicato da pochi giorni una FAQ in cui specifica che le comunità energetiche potranno operare a livello nazionale. Si tratta di «un grande passo avanti verso la semplificazione e la riduzione dei costi di creazione e di gestione delle CER», ha rilevato Brumgnach, ponendo la questione proprio sulla dimensione della comunità energetica: potrebbe essere un elemento dirimente nell’accesso a un finanziamento cosiddetto tradizionale? Una risposta l’ha fornita Matteo Trabacchin, avvocato dello studio legale Wilson Farley & Williams, specializzato in temi riguardanti energia, infrastrutture e di trasporti.
Concordando con Giovannella Condò sull’importanza della forma giuridica per impostare una futura bancabilità della CER, ha affermato che la dimensione è un aspetto importante. «La dimensione del finanziamento delle comunità energetiche è rilevante per raggiungere la soglia di attenzione che la banca richiede per poter finanziare. Quindi, tanto più grossa è la CER, meglio è».
Ha illustrato che sono due gli aspetti d’interesse di una banca per valutare la finanziabilità: gli asset, ossia i beni, e i flussi generati dal progetto. Nel caso di una CER che punta all’autoconsumo, tali flussi non esistono davvero, eccetto gli incentivi. «Quindi creare una garanzia su un flusso generato dagli incentivi è un potenziale strumento che interessa sicuramente alle banche, come anche la possibilità di andare a creare una garanzia sui beni che producono l’energia», ha spiegato, portando a esempio il caso in cui si costituisca un diritto di superficie su un impianto, una garanzia ipotecaria, un privilegio speciale o un pegno non possessorio.
«Lo stesso GSE ha previsto delle garanzie, come lo ha fatto per gli impianti rinnovabili utility scale. Il mio suggerimento è, ove possibile, di costituire CER di una certa dimensione e che abbiano fin dall’inizio una struttura potenzialmente appetibile per le banche», ha aggiunto il legale.
Il ruolo della digitalizzazione
A proposito di finanziamenti per le comunità energetiche è intervenuto anche Vincenzo Scotti, direttore marketing di Regalgrid, da tempo attiva sul tema CER.
«A oggi uno dei principali driver perché le comunità energetiche siano modelli sostenibili è la digitalizzazione dell’energia. Così è possibile mettere in contatto, in tempo reale, produzione e consumo, gestendo tutti gli asset e i vettori energetici, affinché il livello di autoconsumo collettivo e l’incentivo conseguente si vada effettivamente a generare. Dal punto di vista della nostra esperienza, in tema di semplificazione gestionale, contare su soggetti aggreganti quanto più ampi possibili è innegabile che possa garantire dei benefici. Bisogna, però, avere un approccio “laico” nel comprendere, rispetto all’attrattività e agli stakeholder che si vogliono ingaggiare, quale sia la migliore forma giuridica, che non sempre è identificabile a priori, capace di mettere d’accordo tutte le parti interessate. Pertanto, la logica di evoluzione delle forme giuridiche è legata anche al territorio e alla community, cui ci si rivolge ancora prima della comunità energetica».
Sempre sul tema finanziamenti, Scotti è dell’avviso che nella fase iniziale ci sia bisogno di soggetti in grado di dare alla CER una forma che non sia solo giuridica, ma anche di un modello di impresa a tutti gli effetti energetica che sia in grado di sostenersi. Quindi, la possibilità di unire parti interessate del territorio e investitori potrebbe rappresentare una chiave di svolta nello sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili.
Lo strumento del crowdfunding
C’è un’ulteriore possibilità di finanziamento per le comunità energetiche, rappresentata dal crowdfunding. «Esistono piattaforme che offrono sia equity che lending crowdfunding per avviare progetti di CER», ha spiegato Giovannella Condò.
Nel caso dell’equity crowdfunding, l’investitore sottoscrive una quota di partecipazione nella società, diventando così socio, e la forma di remunerazione è costituita dagli utili. Nel caso, invece, del lending crowdfunding, si tratta di una forma di finanziamento, in cui l’investitore è finanziatore, non diventa socio, ma sottoscrive un contratto di finanziamento con una remunerazione periodica, erogata in un’unica soluzione oppure al termine. «Senz’altro la CER può essere oggetto dell’investimento sulla piattaforma, sia nella forma dell’equity che del lending, se si riesce a dare alla stessa una veste giuridica di una società di capitali, quindi ritorno sulla società benefit. Quest’ultima, però, non è sostenuta per il momento».
Nell’ipotesi in cui la CER debba utilizzare una veste giuridica di ente del terzo settore o di società cooperativa, senza distribuzione degli utili, si possono utilizzare queste forme di finanza alternativa, inserendo nella struttura una società, veicolo dell’investimento, che firmerà un contratto con la comunità energetica, e che sarà titolare dell’impianto. Quindi questa stessa, in quanto società di capitali, potrà ricevere sia una sottoscrizione di aumento di capitale in forma di equity crowdfunding o di lending crowdfunding, e concedere garanzie», in qualità di produttore terzo.
Microfinanza per gli impianti fotovoltaici sul tetto
Un altro aspetto da considerare nel finanziamento delle comunità energetiche riguarda gli impianti fotovoltaici sul tetto: in qualità di progetti autoliquidanti, contano su rate sempre più basse del flusso di cassa generato. In questo caso, può esistere una microfinanza di progetto? «Certamente», ha risposto Trabacchin. «Per diventare “appetibili” per un istituto di credito, occorre raggiungere soglie di materialità del finanziamento non raggiungibili dal microprogetto. Ecco, allora, che assume un deciso interesse la struttura proposta di equity crowdfunding che va a intercettare anche realtà più piccole». La struttura proposta da Condò, quindi, è in linea sia con le esigenze del soggetto che presta la finanza, perché è garantito dall’equity, nella partecipazione del progetto in quella determinata struttura. «Inoltre, è possibile aggiungere quelle forme di garanzia capaci di catturare i flussi che si possono creare tra il prodotto della società, il micro produttore terzo, e il soggetto giuridico autonomo che è la comunità energetica», aggiunge l’avvocato.
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