Andando a fantasmi si risale all’alba della Milano comunale, era il XII secolo e di fianco alla ventura Santo Stefano Maggiore fu fondato fuori le mura l’Ospedale del Brolo (antenato della Ca’ Granda) cui si affiancò subito un cimitero. San Bernardino alle Ossa nacque così appena qualche decennio più tardi come camera per i resti eccedenti del campo santo divenuto in breve angusto. Famosa meraviglia sacra arredata di teschi, costole e tibie, convinse il sovrano portoghese Giovanni V, che la ammirò ai primi del Seicento, a realizzarne una replica, la celebre Cappella de Los Ossos di Evora, 100 chilometri da Lisbona.
È dalla destra dell’altare che si dice si risvegli una volta l’anno lo scheletro di una bimba, étoile della compagnia di danza macabra che guida per una notte l’intero ensemble di resti. Il macabro show, secondo i presunti testimoni riportati da cronisti complici nei secoli, non è detto si veda ma si sente, nel senso che della danza risuona soprattutto il tamburìo di ossa. «È un musical da Halloween che però per tradizione va in scena un filo in ritardo, la notte dei Morti, quindi il 2» ricorda Giuseppe Tesorio.
Milanese classe ’54, per 40 anni maestro elementare, da storico part time ha dedicato una vita ai portenti della città natale tra esplorazioni di archivi, articoli, libri come Il giro di Milano in 80 misteri (Meravigli).
«Milano è nera? Abbastanza, magari non come Torino o altre capitali dell’horror tipo Napoli, ma vanta una bella lista di apparizioni leggendarie quasi tutte entrate nel canone tra ’700 e ’800». A dare forma all’epica di ectoplasmi urbani, la maggior parte annidati in centro visto che all’epoca Milano era ancora descritta dal confine delle mura spagnole, fu la letteratura popolare. «Tipo Urania del sovrannaturale corredati da gustose illustrazioni. Le inquietanti apparizioni che riportavano, a volte avevano una qualche ragione storica, molte altre davano corpo, evolvendole, a dicerie tramandate da chissà quanto».
Ad esempio si dice che, sempre a notte fonda e non solo ad Halloween, da un palazzo di Porta Romana al 3 capiti che esca dal portone una lugubre carrozza trainata da orridi cavalli neri. «Palazzo Acerbi fu detto il Palazzo del Diavolo. Ludovico Acerbi e poi i suoi eredi non vennero toccati dalla peste, e anzi vennero sentiti ballare e festeggiare mentre il flagello decimava la popolazione». La spiegazione della maldicenza è facile, i ricchi e privilegiati Acerbi si erano rinchiusi in uno scrupoloso lockdown che i più umili non potevano né permettersi né comprendere, tenuti all’oscuro di ogni virtù igienica. Di fianco agli Acerbi, più o meno dove oggi sorge L’Hotel Cavalieri, il feroce Bernabò Visconti aveva casa, la sua dimora con terrore fu ribattezzata Ca’ di Can. «Non c’è alcun fantasma, ma perdura la superstizione funesta dei 5 mila mastini che si favoleggia Barnabò avesse e nutrisse di carne umana».
In via Laghetto al 2, tornando a Santo Stefano, si credeva dimorasse Amina, la più potente tra le streghe, la quale alle ore piccole qualche volta ancora svolazza sopra i tetti con al seguito la schiera di colleghe. Si dirigono in via Quadronno dove sorgeva un bosco sospettato di riti oscuri. Oppure alla Vetra dove a lungo vennero arse donne innocenti (ma anche uomini) come Amina. «È un’altra leggenda forse legata alla peste. In via Laghetto le polveri di marmi e carbone, che giungevano lungo i navigli, regalarono un’immunità sospetta alle abitanti in zona».
Il fantasma di Carlina, promessa sposa della Val d’Intelvi che incinta di un altro uomo si gettò dalle guglie alla vigilia delle nozze, pare non smetta di fare photobombing irrompendo nei selfie degli innamorati ai piedi della cattedrale. Nei pressi del fu Palazzo Arese in corso Venezia, ecco la contessa Fagnani affacciarsi da un balcone in cerca dell’amato Ugo Foscolo.
Il ritrovo preferito degli spettri resta però il Castello. Dove seduce i giovanotti la cosiddetta dama velata. Se li porta in casa in zona Brera per poi, sul più bello, rivelare loro un volto da cadavere. «L’amore è cieco, la leggenda aggiunge che in molti sono tornati a cercarla». E ancora, la contessa di Challant, per voracità di amanti decapitata nel ’500, passeggia lungo il fossato reggendosi la testa tra le mani.
«Perché non nascono nuovi fantasmi? Ci bastano quelli che abbiamo, e la passione con cui se ne tiene vivo il mito online o sui social mostra il lato romantico, non venale di una città che di giorno è perseguitata dal vero spettro: i soldi».
Micol Beltramini, autrice che nei propri libri di Milano ha esplorato luoghi e vicende di ogni colore, dal rosa al nero più profondo, ricorda che il fascino gotico della metropoli non è una fantasia. È un orrore che discende dalla realtà. «Penso alla Vetra, ai roghi di streghe e stregoni il cui ricordo, conservato nei documenti degli archivi ecclesiastici, fu cancellato dalla Milano illuminista. Penso a Boggia, il mostro di vicolo Bagnera che smembrò le sue vittime e che con un vento gelido a volte terrorizza i radi passanti che si avventurano nel budello dietro a via Torino. Penso alle prostitute come la Rosetta, uccisa alle colonne di San Lorenzo nel ’13, o a Mary Peimpo, gettata nell’Olona nel ’53, la Marinella di De Andrè». Fantasmi cui mandare ad Halloween un pensiero dolce.
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