Un comparto agricolo sempre più in difficoltà a causa dei cambiamenti climatici e che fatica a risollevarsi e a prevedere un futuro decoroso per le coltivazioni tradizionali del nostro Paese, flagellate dalla siccità nel Sud Italia e dalle alluvioni nel settentrione. Il grano duro, una delle produzioni tipiche e più importanti del nostro Paese, sta registrando una serie di campagne difficili. Basti pensare alle Regioni del Sud Italia, Sicilia in particolare, duramente colpite dalla perdurante assenza di precipitazioni e dalla conseguente, drastica riduzione delle rese produttive. Le superfici seminate a grano duro erano già calate di oltre il 6% nel 2023/2024 rispetto al 2022/2023 e ora l’ISTAT prevede un’ulteriore riduzione del 4,6% nelle prossime semine (dati di luglio 2024). Al Nord la situazione è opposta: le alluvioni ricorrenti hanno messo in ginocchio intere Regioni e molte delle produzioni nei campi hanno subito dei danni o comunque ritardi nella semina o impossibilità di raccolta. La stagione maidicola è stata difficilissima, con forti ritardi nelle semine a causa del perdurare dell’acqua nei terreni agricoli. Anche in questo caso, si prevedono notevoli cali delle rese e possibili problemi qualitativi, oltre ovviamente ad una ulteriore riduzione delle superfici coinvolte nelle prossime semine.
“Il cambiamento climatico e gli eventi metereologici avversi stanno mettendo a dura prova la tenuta del sistema agroalimentare italiano, con aumento delle importazioni e svalutazione del prodotto locale” afferma Fabio Manara, Presidente della Federazione Nazionale delle rivendite Agrarie Compag. “La scorsa campagna del grano duro, ad esempio, ha visto un’impennata delle importazioni da Russia e Turchia, che ha determinato un crollo dei listini nazionali, tuttora in calo di circa il 15% rispetto all’anno precedente, riducendo così ulteriormente il margine degli agricoltori”.
In questa alquanto precaria situazione, la ricerca è fondamentale per avere varietà resistenti e resilienti. Positivo dunque l’inserimento nella manovra di bilancio 2025, attualmente in discussione, del finanziamento per il CREA (Centro di Ricerca per l’Agricoltura): 9 milioni di euro in tre anni destinati alla ricerca sulle tecniche di evoluzione assistita, le TEA. Queste si compongono di due tecniche principali – il genoma editing e la cisgenetica – che determinano delle ricombinazioni genetiche analoghe a quelle che avvengono in natura e possono contribuire in maniera significativa al miglioramento genetico delle varietà coltivabili, con maggiore resistenza alle malattie e agli stress, al fine di adattare le piante alle nuove condizioni ambientali.
“Il finanziamento delle TEA è un intervento importante per il futuro dell’agricoltura italiana, che auspichiamo venga mantenuto in sede di approvazione della manovra finanziaria e che dovrebbe essere accompagnato anche da altre misure a tutela degli agricoltori e delle produzioni italiane” continua Manara.
Il settore agroalimentare merita un’attenzione particolare, considerato lo stato di forte difficoltà che sta attraversando e il valore che ricopre, sia in termini economici che di identità nazionale.
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