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Chieti oggi ha salutato per l’ultima volta Don Stefano Buccione, esempio di amore incondizionato verso Dio e il prossimo – Il Giornale di Chieti – #finsubito prestito personale immediato – Richiedi informazioni


Oggi pomeriggio, nella cattedrale di San Giustino, una folla incontenibile, proveniente da tutto l’Abruzzo, è accorsa tra lo sgomento e la tristezza per dare l’ultimo saluto a Don Stefano Buccione, sacerdote carismatico, fratello e amico, scomparso prematuramente all’età di 47 anni. Le comunità neocatecumentali di Madonna degli Angeli e Sant’Agostino, la parrocchia di S. Maria De Cryptis, e tutti gli amici e le persone che gli volevano bene si sono unite in preghiera, durante la Santa Messa officiata da Monsignor Bruno Forte, con la concelebrazione di Monsignor Camillo Cibotti, vescovo della diocesi di Isernia-Venafro e precedentemente parroco presso la chiesa della Santissima Trinità in Chieti, e di tutti i sacerdoti della diocesi di Chieti-Vasto.

Una testimonianza di vita, di sacerdozio, di amore verso Gesù Cristo e di umanità che in tanti anni ha ispirato tantissime persone e soprattutto tanti giovani, da lui formati e seguiti verso una vita improntata all’amore verso Dio e al prossimo. Un’esistenza vissuta in santità, da quando, come lui stesso disse, trovò l’Amore della sua anima, il Signore Dio che ha fatto sì che la sua vita divenisse un dono per tutti coloro che lo hanno conosciuto. In questa triste circostanza mancano le parole adatte per descrivere nel giusto modo il testamento spirituale che lui ha lasciato a tutti noi, e dunque preferiamo ricordare le sue stesse parole, in un’intervista che ha concesso in esclusiva a Il giornale di Chieti in occasione del decimo anno del suo sacerdozio avvenuto il 12 maggio 2022, nella certezza che possa continuare ad illuminare e guidare tutti noi.

Don Stefano, raccontaci la tua storia e il cammino che ti ha portato a dire sì al Signore e a diventare sacerdote.

Sono nato in una famiglia cristiana che da tantissimi anni fa parte del Cammino Neocatecumenale e sono cresciuto con tutti gli insegnamenti cristiani, entrando presto anch’io nel mio cammino di fede. Però la fede dei miei genitori mi ha accompagnato fino ad una certa età, diciamo qualche anno dopo la Cresima. Il passaggio affinché il “loro Dio” diventasse il mio non è stato automatico, anzi. Mi mancava un’esperienza reale di Lui, non l’avevo ancora conosciuto come Dio vivo, per cui verso i 17 anni iniziai a cercare la vita in ciò che il mondo mi offriva passando un po’ di anni tra alti e bassi, entrando in alcuni vizi e peccati anche gravi, facendo soffrire molte persone legate a me sentimentalmente o affettivamente. Nonostante sia passato davvero per periodi di grandi ribellioni e macelli vari, Dio non ha permesso che mi separassi completamente da Lui ma mi ha tenuto sempre almeno con un piede dentro la Chiesa. E la cosa che mi colpiva è che dinanzi al mio comportamento non mi sono mai sentito giudicato, né dalla Chiesa, né dai miei genitori in cui non ho mai percepito delusione o disprezzo per un figlio ribelle.

Dopo le superiori ho iniziato a lavorare come idraulico, guadagnando anche molto, mi sono fidanzato diverse volte, ero assiduo frequentatore dello Stadio in quanto grande tifoso del Chieti; diciamo che avevo la mia vita… ma a 25 anni pur avendo tutto ciò che un ragazzo di quell’età può avere mi sembrava di non avere niente. Quello che avevo raggiunto non mi dava la Vita piena che andavo cercando ovunque. Spesso mi sentivo come se fossi un cero, ben dipinto, ricamato, ma senza lo stoppino; mi mancava l’essenza, l’anima. In quegli anni ho sperimentato che la Vita vera non veniva né dall’affetto di una persona, né dall’avere i soldi, né dalla stima della gente… Posso dire che mi sono trovato a 25 anni in una crisi esistenziale profonda, ma molto necessaria per me. Ho visto con molta chiarezza che non abbiamo solo un corpo da riempire e soddisfare, ma abbiamo anche un’anima, che è divina, per cui solo Dio la può “riempire”. Dio ha permesso che io scendessi in quella crisi esistenziale per farmi fare una vera esperienza di Lui. In quella situazione chiesi aiuto alla Chiesa, fatta di persone e catechisti concreti, i quali con molto amore e tenerezza verso di me mi invitarono ad andare un po’ di tempo a pregare. Feci un ritiro di preghiera in un monastero e una esperienza estiva di lavoro e preghiera nel Seminario Redemptoris Mater di Macerata, dove si formano al presbiterato le vocazioni sorte all’interno del Cammino Neocatecumenale. Lì il Signore mi stava aspettando! Ho sperimentato il Suo perdono e mi sono sentito profondamente amato così com’ero. Da lì sono rientrato pienamente nella Chiesa, nel mio cammino di fede, e vedevo che la Parola celebrata con la mia comunità o ascoltata a Messa mi parlava sempre, che l’Eucaristia mi dava Grazia e gioia interiore molto profonde, che stare con i fratelli di fede mi bastava senza cercare più la vita dove l’avevo cercata per anni. Spesso in passato quando finiva la storia con una ragazza mi chiedevo: forse non era quella che Dio aveva pensato per me. Ma ora, per la prima volta, l’amore di Dio che sentivo verso di me fece sorgere un’altra domanda: e se Lui mi stesse chiamando ad altro? La cosa mi sembrava strana, sia per la mia storia, sia perché mai avevo desiderato essere Prete. Ma dopo aver fatto un po’ di discernimento vocazionale con i miei catechisti ho iniziato a sentire molto chiaramente che Dio mi stava chiamando a qualcosa che io mai avevo neanche lontanamente immaginato, né desiderato. E sentivo sempre più chiaramente che Lui mi bastava. Una Parola di Gesù che mi risuonava continuamente è quella che disse ai discepoli “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Su questa parola si fonda tutto quello che è venuto dopo: era il 2003, sono passati un mese, un anno, dieci anni, uno più bello dell’altro, fino ad oggi.

 

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Durante il tuo percorso, sia di formazione in seminario sia di sacerdozio, hai mai avuto cedimenti o crisi spirituali?

Ho avuto una crisi di fede, non di vocazione, al primo anno, ma è stata necessaria per poter costruire veramente la mia vita su Cristo. Negli anni ho avuto diverse tentazioni e provocazioni, ma dubbi o ripensamenti sulla mia vocazione mai; il Signore che si è incaricato di iniziare questa storia con me è stato sempre al mio fianco “come un prode valoroso”

 

Quali sono i problemi dell’uomo dal punto di vista spirituale?

Ogni essere umano ha bisogno di incontrarsi con l’amore di Dio manifestato in Cristo Gesù. Siamo creati per partecipare di ciò che Dio è! Amore, santità, Pace, Vita vera… Il problema è che cerchiamo di colmare questo anelito di ogni cuore con ciò che non lo colmerà mai, come ho fatto io per anni. Chiamati ad avere una prospettiva verticale della vita, ci siamo appiattiti in una dimensione puramente orizzontale… Per questo è fondamentale l’opera compiuta da Gesù Cristo per noi, il quale ha “riaperto il cielo” e ci ha donato la Fede, la quale non è adesione della mente a qualche verità o morale, ma è partecipare già qui della natura divina, vivere sulla terra già come persone celesti!

 

In questi anni hai rivisto nei ragazzi la tua stessa inquietudine e la tua storia?

Certo, in quasi tutti, perché tutti cerchiamo la stessa cosa, la felicità, la vita, la gioia vera e piena. A loro mi sento di dire con le parole di San Paolo: “aspirate ai Carismi più grandi”, non accontentatevi di sopravvivere, di scivolare sui giorni schivando i problemi, ma vivete intensamente la vostra vita fondandola sull’unica roccia sicura che è l’Amore di Dio.

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Dopo dieci anni quali sono i tuoi sentimenti su tutto il tuo cammino fatto fino ad oggi?

Io oggi in occasione del decimo anniversario di Presbiterato prendo gli auguri di tutti, gli applausi, ma questa opera l’ha fatta Dio, non sono io che sono stato bravo oppure ho fatto qualcosa di speciale. Io sono il primo spettatore dell’opera che Lui fa con me ogni giorno, di come mi ispira, mi sostiene e mi da pace. Quello che oggi sento è una profonda gratitudine al Signore, perché mi ha lasciato il tempo di sbagliare, non mi ha condannato, anzi, ha mandato angeli ad annunciarmi il Suo amore, ha guarito le mie ferite e mi ha riportato nella Chiesa, come il buon pastore fa con la pecora perduta. E oggi è la gratitudine che mi muove: “gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date”. Dietro ogni vocazione della Chiesa, dietro ogni missione e servizio c’è la gratitudine, e quella mi spinge a servirLo ovunque Egli mi porti, sapendo che dove c’è un uomo, lì c’è bisogno dell’annuncio del Vangelo. Ogni essere umano ha diritto ad ascoltare la Buona Novella, l’annuncio del perdono dei peccati e dell’Amore di Dio.

Nonostante la grande tristezza per la sua scomparsa, resteranno nel nostro cuore la gratitudine e la gioia profonda per aver condiviso un pezzo del nostro cammino insieme a lui, sacerdote buono, amorevole e santo, strumento dell’Amore del nostro Signore Gesù Cristo per noi.

 

Foto doi Andrea Milazzo



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