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Disturbo della quiete pubblica: serve la perizia fonometrica? #finsubito prestito immediato


Quando la misurazione del rumore non è necessaria e per condannare l’autore del reato sono sufficienti le testimonianze. 

Per configurare il reato di disturbo della quiete pubblica serve la perizia fonometrica, cioè una misurazione del rumore fatta da tecnici qualificati in acustica e dotati di appositi strumenti? Oppure sono sufficienti le testimonianze di coloro che si sentono infastiditi da schiamazzi e strepiti vari? A questa interessante domanda ha risposto una nuova sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19748 depositata il 20 maggio 2024.

L’impatto pratico del nostro quesito è evidente: se occorre munirsi della perizia, chi si lamenta dei rumori e vuole presentare un esposto, una segnalazione o una vera e propria denuncia penale deve chiamare un tecnico privato di propria fiducia, e quindi sostenere i relativi costi, oppure chiedere l’intervento delle pubbliche autorità competenti, attendere il loro intervento ed esaminare i risultati delle misurazioni per verificare il superamento o meno delle soglie di tollerabilità. Se invece la perizia fonometrica non è necessaria, ci si può muovere più agevolmente e con maggiore libertà nelle iniziative legali da intraprendere per far cessare i fastidi e i disagi.

Il reato di disturbo della quiete pubblica

Il reato di disturbo della quiete pubblica è previsto dall’articolo 659 del Codice penale, intitolato: «Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone». Si configura quando «chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici».

La pena è l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 309 euro, ma si applica l’ammenda da un minimo di 103 euro a un massimo di 516 euro «a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità».

I rumori vietati

Si tratta, a ben vedere, di due fattispecie autonome di reato contenute nel medesimo articolo: l’elemento che le differenzia è la fonte, o sorgente, del rumore prodotto. Se esso proviene dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso, l’illecito sussiste per il semplice fatto dell’esorbitanza del rumore rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni delle autorità – che gli esercenti sono tenuti a rispettare – e da tale violazione si può presumere e desumere la turbativa della pubblica tranquillità.

Se, invece, le emissioni sonore avvengono al di fuori di attività lavorative (si pensi a quelle che provengono da un’abitazione privata) per configurare il reato occorre che i rumori superino la normale tollerabilità – il che va accertato caso per caso, senza ricorrere a presunzioni – e coinvolgano un numero indeterminato di persone.

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Punibilità del reato: denuncia o querela?

La riforma Cartabia della giustizia penale, entrata in vigore nel 2023, ha previsto la punibilità del reato a querela della persona offesa, sicché non basta la semplice denuncia (che può essere presentata anche da soggetti diversi dalla vittima, ad esempio le forze dell’ordine intervenute), «salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità» (si pensi a un minorenne, a un anziano invalido e con problemi di mobilità o a un disabile). In questi casi, pertanto, si può procedere penalmente sulla base della denuncia, anche in assenza di querela.

Come si accerta il disturbo della quiete pubblica?

Questa previsione incriminatrice serve a tutelare l’ordine pubblico e la tranquillità della collettività nel suo insieme, non, quindi, delle particolari persone colpite dai rumori o dagli schiamazzi di vario genere. Perciò la valutazione dell’idoneità delle condotte a realizzare un disturbo penalmente rilevante viene compiuta con riguardo alla sensibilità dell’uomo medio e dell’ambiente in cui vive, anziché a quella – che potrebbe essere più accentuata – delle specifiche persone offese.

È importante notare che il reato di disturbo alla quiete pubblica è di pericolo, quindi non occorre la prova di un’effettiva molestia arrecata alle persone, ma è sufficiente dimostrare l’idoneità della condotta a disturbare un numero indeterminato di persone appartenenti alla collettività che vive nella zona interessata dai rumori oggetto di indagine. Allo stesso modo, non è richiesta la volontarietà delle condotte perturbatrici della quiete pubblica, cioè il dolo, ma basta la semplice colpa di coloro che hanno realizzato i rumori o gli schiamazzi (si tratta, infatti, di un reato contravvenzionale).

Per accertare i rumori molesti serve la perizia fonometrica?

In base alla connotazione di pericolo presunto del reato di disturbo alla quiete pubblica, la Cassazione, nella sentenza cui abbiamo accennato all’inizio, ha ritenuto non necessaria, ai fini della prova dell’illecito e dell’affermazione di penale responsabilità dell’autore, l’effettuazione di una perizia fonometrica.

Secondo la Suprema Corte «è sufficiente che il giudice, con qualunque mezzo, accerti l’idoneità in concreto della diffusività del rumore a disturbare un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna di esse se ne possa lamentare».

La vicenda decisa dalla Cassazione

Il caso deciso dai giudici di legittimità riguardava la condanna del titolare di un’impresa edile che aveva disturbato l’occupazione e il riposo di due persone e delle loro rispettive famiglie: i suoi camion, tenuti con i motori accesi, stazionavano sotto le loro case in orari vietati (dalle 5 alle 7 del mattino e dalle 14 alle 16 del pomeriggio), e il personale era impegnato in rumorose attività di carico e scarico di merci.

L’imputato, condannato in secondo grado di giudizio, aveva proposto ricorso in Cassazione lamentando la mancanza di prova della diffusività dei rumori in modo tale da disturbare una consistente parte degli occupati dell’edificio, e dunque la loro idoneità a turbare la pubblica quiete in generale, ma a giudizio della Corte erano sufficienti a dimostrare la sussistenza del reato le dichiarazioni dei testimoni che avevano riferito in dibattimento le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti.

Da tali prove di poteva evincere che la fonte sonora – indubbiamente attribuibile all’imputato nella sua attività – aveva creato «rumori fastidiosi di intensità tale da superare i limiti di normale tollerabilità, riferita alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente», e tutto ciò risultava in evidente contrasto con la tutela della tranquillità pubblica, protetta dalla previsione incriminatrice.

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Oltretutto nel giudizio penale la perizia fonometrica era stata eseguita con varie misurazioni dell’intensità del rumore, eseguite in diverse fasce orarie, e aveva dimostrato che i limiti della normale tollerabilità erano stati ampiamente superati, ma non è stato solo tale elemento a convincere i giudici della sussistenza del reato: i motori degli automezzi erano sempre accesi durante il carico e lo scarico dei materiali, e gli schiamazzi degli operai di volta in volta impegnati nelle operazioni non erano sicuramente necessari per lo svolgimento delle loro attività.

Misurazione del rumore: quando serve?

In conclusione, stante l’orientamento della Cassazione che abbiamo riportato, se puoi fare, o richiedere, una perizia fonometrica per misurare con esattezza l’intensità dei rumori che ti disturbano e così verificare in maniera oggettiva e inconfutabile – in termini di decibel, l’unità di misura del suono – il superamento dei limiti di normale tollerabilità è meglio, ma ciò non è indispensabile al fine di ottenere la condanna dei responsabili di queste emissioni sonore intollerabili.

Riserva, quindi, questo strumento della perizia fonometrica solo ai casi dubbi e più complessi, nei quali la sensibilità umana non basta, come ad esempio la misurazione delle onde sonore che si propagano in ambienti già connotati da un discreto rumore di fondo, e per le quali si rende necessario cogliere l’esatta portata distintiva, in modo da capire quanta parte di essi è attribuibile agli imputati e quanta è tipica dell’ambiente stesso. Al riguardo la giurisprudenza richiede, per considerare illecito il rumore oggetto di indagine, il superamento dei rumori di fondo di almeno 5 decibel nelle ore diurne e di soli 3 decibel in quelle notturne (dalle 22:00 alle 06:00).

Invece per i rumori che risultano di per sé evidenti e chiari, e oltretutto vengono compiuti in conclamata violazione delle prescrizioni stabilite per l’esercizio di attività imprenditoriali – appunto come quelli risultati nel caso deciso dai giudici di legittimità – per poter condannare i responsabili bastano le dichiarazioni dei testimoni che li hanno uditi.

Tieni presente, infine, che nel processo penale la perizia fonometrica di parte non vincola il giudice, ed è apprezzata al pari degli altri elementi probatori acquisiti, senza nessun valore privilegiato (diversamente dalla Ctu, la consulenza tecnica d’ufficio, che il giudice dispone quando ritiene necessario valutare i fatti con l’apporto di esperti che egli stesso nomina).

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