Provincia sannita promossa nella classifica «BenVivere», presentata a Firenze nel corso del Festival dell’economia civile e pubblicata su Avvenire. La posizione nazionale è ancora la numero 77 ma c’è un balzo in avanti di 24 posizioni rispetto allo scorso anno (solo Isernia e Novara corrono di più). Conquistato così il primo posto in Campania e il settimo nel Mezzogiorno dopo Isernia (casella 39), Bari (68), Cagliari (69), Ragusa (73), Brindisi (74), Potenza (75) e Campobasso (76). Male le altre province campane: Avellino è rank 89, Salerno 90, Caserta 96 e Napoli 99. Il podio nazionale è invece formato da Pordenone, Siena e Milano. Una classifica importante, che parte dalla differenza fra benessere e soddisfazione di vita.
Seguendo la sociologia americana, la prima classifica non coincin corrispondono con quelle fondate sulla soddisfazione di vita dichiarata dai cittadini. In altre parole, a essere determinanti per vivere bene non sono tanto Pil, export e reddito pro capite (categorie fredde e un po’ datate) ma piuttosto servizi al cittadino, attenzione alle fragilità, relazioni sociali, inclusività. La prospettiva diventa allora quelde necessariamente con la seconda, nel senso che le graduatorie sul benessere costruite sui dati economici nola del premio nobel (neo primo ministro bengalese) Mohammed Yunus, che teorizza le «Civil social business city» con zero povertà, zero disoccupazione, zero emissioni.
Puntando ad azzerare anche la carenza di senso del vivere e i rischi per la vita democratica, sviluppando quella partecipazione civica che rappresenta una vitamina sociale perché porta nuove start-up e organizzazioni sociali, fioritura di vita umana contro il crollo demografico, produzione di brevetti, capacità di avviare processi di co-progettazione e comunità energetiche rinnovabili. E che viene misurata da una speciale classifica, con la provincia di Benevento in posizione 29.
Ma come nasce la classifica sannita? Fra i 10 indicatori presi in esame, il più favorevole è quello relativo a «legalità e sicurezza»: la provincia di Benevento occupa la posizione 14. Molto bene «demografia e famiglia» (posizione 20), bene «accoglienza» (rank 40) e «capitale umano» (rank 49, indicatori legati a titoli di studio e competenze). Fascia intermedia per «salute» (rank 56, misura speranza di vita, tasso mortalità strutture e servizi ospedalieri) e per «impegno civile» (rank 61, misura associazionismo, cooperative, microcredito). Sarebbe importante migliorare negli altri indicatori: «turismo e cultura» conferma altri dati recenti e vede il Sannio in posizione 86, mentre «servizi alla persona» porta il rank 89 e «lavoro» la casella 90.
Il risultato peggiore arriva con la posizione 102 nell’indicatore «economia e inclusione», che misura vitalità delle imprese e rapporti con le banche. Insomma, Benevento va bene ma risente del gap che persiste fra Nord e Sud. Come si può colmare? Secondo Leonardo Brancaccio, segretario generale e docente della Scuola di economia civile, autore del saggio «Alcide De Gasperi. Cittadinanza attiva, buona politica, bene, comune» bisogna ricordare – a settant’anni dalla morte – la grande attualità della lezione del primo presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia repubblicana che, già nel 1949, illustrava al Senato la politica economica del suo governo, la cui azione ha come fine quello di attuare «una sempre maggiore giustizia sociale». Secondo Brancaccio «è la buona politica che ha come scopo principale il bene comune e il ben-essere di tutti i cittadini italiani del Sud, del Centro e del Nord. De Gasperi, nei primi otto governi della Repubblica italiana (1945-1953) mette in atto azioni di politica economica ispirata all’economia civile. A mio avviso – conclude Brancaccio – quella degasperiana è una lezione da mettere in atto ancora oggi».
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