La Nato è un unicum nel mondo perché i membri dell’Alleanza si impegnano a costruire strumenti e procedure militari con standard comuni che permettano l’interoperabilità delle risorse messe a disposizione dalle nazioni partecipanti. L’augurio a Mark Rutte, nuovo segretario generale della Nato, di cui ho stima perché personalità politica sia forte sia pragmatica, è di stimolare due tipi di espansione dell’alleanza. Uno verticale, da intendersi come rafforzamento degli strumenti finanziari di investimento in nuove tecnologie e uno orizzontale come collaborazione crescente tra Alleanza Atlantica e del Pacifico entro un quadro G7+.
Rafforzamento industriale e innovazione
Nel 1989 Francesco Cossiga, di cui ero consigliere per gli scenari strategici collocato nell’ufficio militare del Quirinale, ai tempi diretto dal generale e professore Carlo Jean, mi chiese di analizzare il destino della Nato dopo la caduta del muro di Berlino.
Nelle interlocuzioni in quell’ambiente trovai un clima semplificabile come «out of area or out of business», cioè una globalizzazione dell’Alleanza per salvarla, precorsa da interazioni collaborative preliminari per reagire alla fine – ai tempi – della missione primaria di difesa contro l’Unione Sovietica.
In quell’occasione caldeggiai l’aggiunta di un fondo Nato per finanziare l’innovazione dei Paesi membri sia sul piano dell’industria militare sia quello delle tecnologie duali, cioè le nuove tecnologie civili adottabili per usi militari. E sostenni il punto attraverso una ricerca che trovò un enorme effetto futurizzante nel recente passato della ricerca militare sui sistemi civili e anticipava l’emergere di tecnologie duali.
Contenimento dell’aggressività russa
Oggi la Nato ha ritrovato significato per il contenimento dell’aggressività russa. E c’è un motivo più evidente per una sua azione globale per la connessione tra i fronti atlantico, mediterraneo e del Pacifico. Il dato: è evidente un riarmo sia nell’alleanza tra democrazie sia nel blocco delle nazioni autoritarie, cioè G7 e blocco sino-russo. In tale tendenza si nota sempre più un’evoluzione della guerra: robotizzazione con marcata intelligenza autonoma, strumenti di osservazione tipo «occhio di Dio», cyberwar, esowar, future soldier eccetera. Ed è osservabile un’interazione crescente tra tecnologie innovative civili e militari, per esempio già colta dalla Banca Europea degli Investimenti che ha dichiarato l’indisponibilità per investimenti militari diretti, ma la disponibilità per quelli duali.
Proposte per il futuro
L’America ha da tempo il Darpa, fondo militare che investe nel civile innovativo. Ma nel nuovo bipolarismo mondiale servirebbe un (mega) fondo Nato che facesse lo stesso convergendo con una delle democrazie del Pacifico. Formula? Denaro basico pubblico aperto a investitori privati. Orizzonte di profitto? L’interazione tra militare e civile. Organizzazione? Tante simil-Darpa nazionali coordinati tra loro. L’Italia ne avrebbe bisogno. (riproduzione riservata)
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